I presepi della discordia. Soldi a 21 scuole veneziane ed è di nuovo polemica
La Regione ha erogato 46 mila euro, oltre 6 mila agli istituti della Città metropolitana. Il caso della Giulio Cesare di Mestre con il 60% di stranieri: «Simbolo che unisce»
Laura Berlinghieri
Cinquantamila euro, di cui 46 mila da ripartire tra gli istituti vincitori del bando e i rimanenti 4 mila destinati alla scuola polo, individuata nell’educandato statale San Benedetto di Montagnana, nel Padovano. A tanto ammonta la somma stanziata dalla Regione per la realizzazione dei presepi in 178 istituti del Veneto (sui 309 che ne avevano fatto richiesta), tra scuole statali, paritarie e centri di formazione professionale. Alle prime saranno destinati 38 mila euro, alle seconde 6. 750 e ai cfp 1. 250, secondo il numero di studenti ospitato.
Nella provincia di Venezia, a beneficiare del contributo saranno 21 istituti statali (5 sono rimasti fuori dalla graduatoria), 2 paritarie e 2 cfp. Dati che faticano a essere letti come semplici numeri, visto il ruolo “altro” ricoperto dal presepe: sempre più “bandiera” di un pensiero ai limiti del politico, oltre che simbolo della natività cristiana.
La scuola è in crisi. Lo è sul piano didattico, come rivela l’ultimo studio dell’Ocse, che evidenzia come gli studenti italiani siano sempre più in difficoltà. E lo è per le sue strutture, con edifici vecchi, spesso troppo caldi d’estate e troppo freddi in inverno e strumenti anacronistici nella rivoluzione digitale di questi tempi. Per questo sono in molti a ritenere che la cifra stanziata dalla Regione avrebbe potuto essere destinata ad altro: all’acquisto di materiali, alla modernizzazione delle aule. Senza contare, lamentano alcuni, la non opportunità dell’inserimento di un oggetto della simbologia cristiana in strutture laiche. Anche se, spiega la Regione, la realizzazione del presepe supera persino il muro della religiosità.
«Questa iniziativa si pone la finalità di promuovere nelle scuole di ogni ordine e grado il presepe, secondo la tradizione storica e culturale propria del nostro territorio – si legge nel decreto regionale –, valorizzare la natura di simbolo non solo religioso, ma anche quale parte integrante della storia e della tradizione culturale e artistica italiana, che rappresenta la famiglia, la concordia, la maternità e che richiama valori di pacificazione e speranza nel futuro».
La questione si ripresenta puntuale a ogni Natale. Il caso più recente è quello della primaria Marco Polo di Zerman, a Mogliano: “niente presepe” , la decisione degli insegnanti. Una notizia che ha fatto il giro della Penisola, stigmatizzata non solo dal sindaco di Mogliano Bortolato e dall’assessora Donazzan, ma persino dal leader della Lega Matteo Salvini.
Poi tutto è rientrato, con la decisione della dirigente della scuola di regalare lei stessa il presepe ai bambini. Intanto, lontano dalle polemiche, i ragazzi lavorano per la costruzione delle statuine. A ciascuna scuola sarà consegnato un contributo di 250 euro. Per le scuole del Veneziano, quindi, la somma totale ammonta a 6.250 euro. Tra le beneficiarie, la secondaria di primo grado Giulio Cesare, in via Cappuccina. Con i suoi 930 studenti, di cui 600 stranieri, capofila dell’istituto comprensivo più multietnico della provincia.
Come ogni anno, Francesca Geraci, docente di educazione artistica, ha chiesto ai ragazzi di preparare le statuine del presepe, che nei prossimi giorni sarà allestito all’ingresso: i 250 euro della Regione sono stati spesi per l’acquisto del materiale.
«Lo abbiamo sempre fatto, per noi è assolutamente normale e nessun genitore si è mai lamentato. Anzi, per noi è un fattore aggregativo, visto che i Re Magi provenivano dall’Oriente» spiega la dirigente Michela Manente. «Giusto l’altro giorno parlavo con la mamma di un bambino straniero, che mi confermava che ormai il 25 dicembre anche per loro è Natale. I loro bambini aspettano Babbo Natale, proprio come quelli italiani». I ragazzi della Giulio Cesare provengono da tutti i continenti: dalla Cina, chi dal Bangladesh, dall’India e chi dall’est Europa.
Per la maggior parte si tratta di stranieri di seconda generazione: il cognome può essere Wang, Popescu o Kumar, ma poi i nomi sono Davide, Mattia, Eleonora. Insomma, sono italiani a tutti gli effetti. «A questa età, i ragazzi vogliono mescolarsi senza distinzioni» spiega ancora la dirigente. «È possibile che più avanti desidereranno riconnettersi con la propria cultura. Ma sono italiani a tutti gli effetti». —
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