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«Non ho chiesto voti per me indicavo altri da fare votare»

Ecco come l’ex sindaco Mestre ha risposto agli interrogatori E a Donadio, interessato al biogas, rispose che lui era contrario

Carlo Mion
1 minuto di lettura

Gli interrogatori

Negli interrogatori seguiti all’arresto Mirco Mestre viene sentito diverse volte dal pm Roberto Terzo. Parla della sua entrata in politica e dei rapporti con Luciano Donadio, al di fuori di quelli professionali in quanto suo legale di fiducia, in alcune vicende giudiziarie. Spiega al dottor Terzo, presente il legale di fiducia Emanuele Fragasso, di non essersi mai interessato di politica, ma un suo conoscente, Giuseppe Franzoi, lo avvicina per sentire se era interessato in occasione delle elezioni del 2016.

Dopo alcuni incontri con Graziano Teso, decide di accettare. Sottolinea come a tirare le fila del centrodestra fosse Teso. E quando ci fu uno scontro tra la Lega e Teso, lui scelse quest’ultimo.

Ribadisce in più circostanze di non aver mai chiesto di essere votato. Anzi quando qualcuno gli dice di appoggiarlo lui risponde di far votare Giovanna Ongaro e Mario Varagnolo.

Lo dice anche a Emanuele Zamuner che, secondo l’accusa, sarebbe il collegamento per il voto di scambio con Luciano Donadio. Ricorda che un giorno, al gazebo in piazza aperto per le elezioni, passarono Luciano Donadio e Graziano Poles. Ma lui non chiese voti. Anche se i due dissero che avrebbero votato per lui.

Dopo le elezioni è Luciano Donadio che lo chiama al telefono per chiedergli di incontrare delle persone intenzionate a costruire un impianto di biogas a Eraclea. Ricorda di aver spiegato agli stessi imprenditori del gas che lui personalmente era contrario a quegli impianti.

A ottobre, davanti a Terzo, ci finisce Graziano Teso. Anche lui indagato con l’accusa di essere collegato al clan Donadio. Nega di aver partecipato alla trattativa per la vendita dell’Hotel Victory e quindi di aver cercato di agevolare qualcuno legato a Donadio. Il suo scopo, dice, era solo quello di fare sì che degli artigiani che stavano lavorando al restauro venissero pagati dopo mesi che non vedevano soldi. L’operazione di restauro era condotta dall’imprenditore Graziano Poles. Quest’ultimo alla fine gli confessa che non paga perché non riesce a portare a termine l’operazione.

Dietro a Poles, secondo l’accusa ci sarebbe già Luciano Donadio. Poles chiede a Teso di aiutarlo a vendere il Victory. Cosa che non gli riesce nonostante lo chieda anche ad una società che lavora per il Comune di cui è sindaco. Nega di essere stato finanziato nella campagna elettorale da Poles e tantomeno da Donadio. Di quest’ultimo dice che un giorno si è presentato nel suo ufficio con un fare poco ortodosso e a tutti i costi voleva un pezzo di spiaggia da gestire. Conclude Teso: «Il comportamento non mi piacque, tanto che lo segnalai al comandante della locale stazione dei carabinieri». —

Carlo Mion

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