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Chiusi i forni, veneziani senza pane: ecco chi ha perso i macchinari

E.P-M.P.
2 minuti di lettura

VENEZIA. Ventidue forni, tra centro storico e isole: tutti chiusi. Una stima dei danni vertiginosa, seppure provvisoria, che super il milione di euro. E così Venezia per due giorni si ritrova senza pane fresco. . A fare il bilancio dei panifici veneziani è Paolo Stefani, presidente dell’associazione dei panificatori cittadini e titolare del forno Colussi.

Un bilancio devastante, quello tracciato ieri da Stefani: «Prima di martedì scorso, abbiamo superato qualsiasi marea eccezionale. Ma stavolta non c’è stato verso. E’ stata al di sopra di ogni previsione».

Nei laboratori, racconta il presidente dell’associazione panificatori veneziani, l’acqua ha raggiunto in molti casi i cinquanta centimetri d’altezza. Quanto basta per compromettere il motore inferiore dei forni di ultima generazione, quelli più usati dai panifici veneziani. E infatti, il problema adesso sarà trovare pezzi di ricambio delle attrezzature elettroniche, che spesso sono assai costosi. Per questo, negli ultimi due giorni sono stati mobilitati tecnici da tutto il Veneto.

Ma alla normalità ci si potrà tornare solo da qui a qualche giorno, e nemmeno in tutti i casi. In alcuni laboratori, infatti, squelli nelle zone più basse della città, i danni sono stati ingenti e non sarà facile ritornare alla normalità.

«E poi - aggiunge ancora Stefani - abbiamo perso gran parte delle macchine impastatrici e dei gruppi di produzione». Un danno ingente, che ha coinvolto, oltre ai residenti abituati a comprare ogni mattina pane fresco, anche le decine di bar e alberghi riforniti dai forni. «Nel mio caso - conclude Stefani - il danno si avvicina a 80 mila euro, ma in media si aggira sui 40-50 mila euro per ciascuno dei 22 forni».

E così, per due giorni i veneziani sono rimasti senza pane fresco, ma senza nemmeno la possibilità di acquistare quello confezionato ai supermercati perchè erano chiusi.

Tra i più colpiti c’è il laboratorio di Aldo Spanio, in corte del Soldà a Castello. Aperto il primo gennaio del 1987, il panificio di Spanio è molto conosciuto nella zona di San Giuseppe. Martedì notte, il panificatore, 55 anni, sveglia prima dell’alba, una vita davanti al forno da quando aveva 13 anni, ora in laboratorio insieme alla figlia, ha perso tutti i macchinari. «Lavoro sette giorni su sette, tutto il giorno, non conosco ferie, da sempre la mia vita è qui dentro - dice Spanio - poi, l’altra notte, l’acqua alta ha distrutto i macchinari».

Il fornaio li elenca uno per uno: l’impastatrice, le formatrici per dare la forma ai panini, le spezzatrici per spezzare il pane, il cilindro per raffinare la pasta, i due forni due, la cella per la lievitazione, gli abbattitori, che da soli sono costati quasi 7 mila euro, un frigorifero nuovo, pagato 4800 euro.

«Fino a 125 centimetri sono protetto dall’alta marea, poi entra. Martedì notte è andato tutto sott’acqua, persino la fogna delle case nella corte dietro il laboratorio è salata - dice ancora Spanio – ora aspetto un tecnico che mi dica se possono almeno sostituire qualche motore».

L’altra notte, Spanio aveva alzato le apparecchiature, ma più di tanto non ha potuto fare.«Le macchine sono molto pesanti - racconta ancora - le abbiamo alzate di trenta centimetri, però più di così non potevamo perché altrimenti non sarei stato in grado di lavorare. Comunque non bisogna arrendersi, ma bisogna andare avanti». —

E.P-M.P.


 

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