Scampato ai sicari e trasferito curava gli affari della cosca
In base all’ordinanza emessa dal giudice delle indagini preliminari di Torino era diventato specialista nel trovare nuovi “business”
Ru.B.jesolo. È un potere costruito nel tempo quello di Antonino Defina, classe 1966, l’uomo che era riuscito ad entrare negli affari del Golf Club di Jesolo. Già negli anni Novanta era scampato ad un attentato da parte di sicari che volevano colpire una persona molto rilevante negli ambienti ’ndranghetisti. Trasferito nel Torinese, è ritenuto un affiliato della cosca calabrese Bonavota di Sant’Onofrio. «Defina Antonino, così come il fratello Basilio, appare curare affari economici perlopiù autonomamente, senza strette collaborazioni con altri indagati e con gli Arone in particolare», scrive il gip piemontese. E poi ancora: «Antonino Defina emerge dagli atti quale persona avente (opachi) interessi commerciali in svariate società commerciali, al punto da attirare l’attenzione dell’autorità giudiziaria in diverse zone d’Italia».
Suo braccio destro era Francesco Pugliese (arrestato nella stessa operazione di marzo della Dda di Torino). Secondo quanto ricostruito da un pentito, «Il duo Defina-Pugliese si sarebbe distinto nel tempo mediante un’attività di vero e proprio gonfiaggio di fatture emesse da società comunque riconducibili a Defina». Attività, quella della costante emissione di fatture per operazioni inesistenti, che per il giudice è provata oltre ogni ragionevole dubbio. Si trattava in particolare di concessionarie. Quando i rapporti tra Defina e Pugliese si interrompono, i concessionari che a loro facevano capo diventano oggetto di atti di intimidazione con l’esplosione di vari colpi di pistola contro le rispettive sedi. Ma gli interessi e gli affari di Antonino Defina guardavano anche ad altri settori e ad altri territori da “colonizzare”. E Jesolo, con il suo Golf Club in crisi, ne è un esempio.
Il pm torinese accusa Defina di essere parte della ’ndrangheta operativa nel Torinese, con collegamenti con la provincia di Vibo Valentia. La costola dell’associazione mafiosa era capace di commettere reati in materia di stupefacenti, armi, evasione fiscale, denaro falso, estorsioni, riciclaggio. A Defina viene contestato un ruolo di promozione dell’associazione «ideando, promuovendo, sovrintendendo e anche ponendo direttamente in essere le azioni delittuose e le iniziative economiche controllate o gestite», si legge nel campo d’imputazione, «occupandosi di rinsaldare il vincolo associativo mantenendo costanti rapporti e incontri tra gli associati». —
Ru.B.
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