Gli avvocati: «Vazzoler era ricco, al padre restituì un prestito con due bonifici»
Ieri le spontanee dichiarazioni in aula davanti al pm: da un anno non posso dire la mia verità La replica: «È stato interrogato più volte, ci sono i verbali»
Cristina GenesinPADOVA. Incontenibile. Tanto da tirare per la giacca, si fa per dire, il suo collegio difensivo (oltre al penalista Francesco Murgia, la collega Maria Grazia Stocco aiutati dal punto di vista tecnico da una commercialista) sempre pronto a dare suggerimenti. Ieri, tra una spontanea dichiarazione e l’altra, l’ultima sortita quando l’udienza del processo era ormai conclusa: «La prossima volta (il 26 giugno) ho bisogno di un’oretta per fare spontanee dichiarazioni... È un anno che non posso dire la mia verità, sarà l’antipasto in vista del mio esame in aula» ha sottolineato guardando il pm Roberto D’Angelo. Subito la replica rivolta al tribunale: «È stato interrogato fin dall’inizio quando si trovava in carcere e non una ma più volte. Posso esibire tutti i verbali degli interrogatori». Ennesima udienza del processo a carico del faccendiere-dentista Alberto Vazzoler, agli arresti domiciliari nella casa di famiglia Musile (con piena libertà di usare telefono e internet), considerato il “re” del riciclaggio internazionale, a capo di un’associazione a delinquere specializzata nel movimentare soldi, sfuggiti al Fisco, tra la Svizzera e gli Emirati Arabi passando per paradisi fiscali, prima della restituzione ai “legittimi” proprietari dietro una percentuale di compenso. Un giro da almeno 117 milioni di euro tra il 2015 e il 2018. Ieri contro-interrogatorio del tenente colonnello Palmese da parte della difesa. Difesa che ha cercato di rilevare incongruenze nell’indagine e vizi negli atti, puntando a demolire il reato di riciclaggio pesantemente punito dalle norme. E a dimostrare che erano reali le operazioni messe in atto dalla valanga di società facenti capo a Vazzoler. Società che – sostiene la pubblica accusa – erano soltanto “cartiere”, scatole vuote destinate a produrre fatture per operazioni commerciali, in realtà, inesistenti destinate solo a “giustificare” quel giro di soldi da spostare tra un paese e l’altro. Vazzoler nullatenente (ha residenza a Montecarlo) e con un patrimonio “protetto” da prestanomi come la sorella Stefania intestataria del superattico di Padova? I legali smentiscono: era ricco da tempo. La prova? Una sentenza dell’8 luglio 2010 pronunciata da una commissione tributaria pordenonese. Dall’atto risulterebbe che nei primi del 2000 aveva già una disponibilità di oltre 4 milioni di euro. E che il padre nel 1998 gli avrebbe fatto un prestito di 870 milioni di lire. Secondo la difesa quei soldi furono restituiti dal figlio-imputato, tra il 2006 e il 2007, in due tranche da oltre 400 mila euro (il doppio del valore) e bonificati su un conto cointestato al padre e alla sorella.
Secondo l’accusa, invece, quei due bonifici erano serviti a creare la provvista per consentire alla sorella Stefania di comprare (per conto del fratello) l’attico in centro storico nella città del Santo. —
Cristina Genesin
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