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Venezia, tratteneva la tassa di soggiorno: condannata

Ammanco di 179 mila euro nella casse del Comune. L’ex gestore dell’hotel: «Ero in crisi, soldi usati per pagare i dipendenti». Sentenza apripista

Rubina Bon
2 minuti di lettura

VENEZIA. Dal 2012 al 2017 aveva regolarmente incassato le tasse di soggiorno pagate dai turisti che avevano alloggiato nell’hotel e nei due affittacamere che gestiva in centro storico. Soldi, questi, che poi però non erano finiti nelle casse del Comune, come previsto dalla normativa sulla tassa di soggiorno. «Li ho usati per pagare i dipendenti, era un momento di crisi», si è difesa Donatella Toso, 59 anni, che all’epoca dei fatti gestiva l’hotel Lux in calle delle Rasse, proprio dietro a San Marco, e gli affittacamere Casa Tellier e Casa Banon attraverso la società T&D Soci sas. Le nuove gestioni di queste strutture non hanno nulla a che fare con l’indagine, né con l’imputata.

Un “tesoretto”, quello accumulato secondo la Procura da Toso nel corso degli anni, che ammontava a 179mila euro. In quanto incaricata di pubblico servizio per la riscossione dell’imposta, l’ex gestrice delle strutture ricettive è finita davanti al giudice con l’accusa di peculato. Ieri l’udienza preliminare al termine della quale il giudice Massimo Vicinanza ha condannato Toso a 2 anni e 6 mesi con rito abbreviato (e quindi con lo sconto di un terzo della pena). Il pubblico ministero aveva chiesto 2 anni.

Disposta da parte del giudice anche la confisca del profitto del reato, pari a 160mila euro. Toso, infatti, aveva saldato una piccola parte delle pendenze che aveva con l’ente pubblico. Ca’ Farsetti, che si è costituita parte civile nel procedimento con l’avvocato Giuseppe Chiaia, aveva chiesto il riconoscimento del danno patrimoniale. Il giudice, invece, ha stabilito che l’ex gestrice dovrà pagare 40mila euro per i danni non patrimoniali e di immagine. La condanna di ieri si somma a quella che a novembre era stata pronunciata dalla Corte dei Conti a carico della stessa Toso per 73mila euro quale danno erariale.

Si tratta di un caso apripista nell’ambito dei controlli sul versamento della tassa di soggiorno da parte delle strutture ricettive nelle casse del Comune. Svariati i fascicoli pendenti in Procura. Altro discorso per la giustizia contabile, dove le sentenze in questo ambito sono già diverse.

La difesa della ex gestrice delle strutture ha sostenuto che la donna aveva agito in buona fede e per necessità. Erano gli anni della crisi, c’erano i dipendenti da pagare e l’affitto salato da pagare per i palazzi in cui si trovano le tre attività. Di qui, a suo dire, l’urgenza di utilizzare anche i soldi a tutti gli effetti pubblici che trimestralmente dovrebbero invece essere versati alla tesoreria comunale. L’albergatore, in questo caso, funge solo da tramite fra l’ospite e l’ente pubblico: il suo compito è di incassare e successivamente di versare. La segnalazione alla Procura era partita dallo stesso Comune al termine di un accertamento sull’incrocio del dati delle presenze con quelle delle imposte riversate, dopo che Toso aveva iniziato a pagare qualche migliaia di euro. Gli uffici di Ca’ Farsetti le avevano intimato di pagare e lei aveva versato qualcosa. Ieri la condanna della donna che potrà essere impugnata in Appello. —


 

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