Il partigiano: Bella Ciao è sinonimo di libertà. Assurdo non cantarla
Mario Bonifacio, 91 anni, partigiano se la prende con i sindaci che snobbano il 25 Aprile: «Purtroppo non conoscono la storia»
Matteo Riberto
MESTRE. «Probabilmente non conoscono la storia. Mi fa male sapere che alcune amministrazioni non vogliono che si canti Bella Ciao il 25 aprile. Non sanno cos’è stata la Resistenza ed evidentemente neanche cosa c’è stato prima».
Mario Bonifacio ha 91 anni, è nato a Pirano d’Istria. Nel 1944 è entrato nei Gap (Gruppi d’Azione Partigiana). Ha lottato per la libertà, e lo fa ancora andando nelle scuole a raccontare il fascismo e la Resistenza.
Nei giorni scorsi, all’istituto turistico Gritti, Mario Bonifacio ha incontrato i ragazzi di quinta del Gritti e dell’istituto commerciale Foscari. Ha parlato di com’erano le scuole durante il Ventennio. Davanti ai ragazzi non ha fatto alcun accenno alle polemiche di questi giorni intorno al 25 aprile con alcune amministrazioni che non vogliono che si canti Bella Ciao. Ma a margine dell’incontro ha tirato fuori tutta la sua determinazione.
«Che razza di vincitori siamo se non ci fanno neanche cantare Bella Ciao? » si domanda «Bella Ciao è diventata la canzone delle Resistenza, e il 25 aprile si celebra la libertà che oggi tutti godiamo. Non capisco come si possa pensare di vietarla, è una discriminazione simile a quelle che abbiamo subito in passato. Sto male se ci penso. Significa che non sanno cos’è stata la Resistenza e questo è gravissimo per chi ha un ruolo all’interno delle istituzioni».
Bonifacio ricorda con precisione gli anni del Ventennio: i soprusi, le violenze. E ricorda bene la Resistenza: pensando a quello che c’era prima non si capacita che qualcuno possa vietare Bella Ciao. Davanti agli studenti, tuttavia, i ragionamenti investono altri ambiti.
«Ci insegnavano come si monta un fucile» ha raccontato «I professori non stimolavano il nostro senso critico, dovevano solo formare persone leali agli ideali violenti del fascismo».
Prima dell’incontro, promosso dall’Anpi Mestre presente con la presidente Maria Cristina Paoletti e dall’associazione Rosso Veneziano rappresentata da Gianpiero Francescon e coordinato professoressa del Foscari Anna Antonelli, i ragazzi hanno potuto vedere una piccola esposizione allestita nei corridoi dov’erano esposte copertine e pagine dei libri scolastici del periodo fascista. «È importante sapere che anche le scuole erano un luogo di propaganda», ha concluso Bonifacio, «la storia, soprattutto la nostra, ci insegna che non dovete mai dare per scontata la libertà». –
Matteo Riberto
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