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Fondazione, i consiglieri e la sfida per Mestre

A.V.
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Un’arena densa di nomi famosi. Il Cda della Fondazione Venezia – ex Cassa di Risparmio – brulica di nomi altisonanti. Molti appena andati in pensione, altri che hanno lasciato gli incarichi. Una politica di «cooptazione» scelta dai vertici per dare prestigio e potere alla Fondazione dell’M9. Giampietro Brunello, 78 anni, commercialista, è stato il coordinatore degli studi di settore al ministero dell’Economia, revisore dei conti della Save e della Fenice. È presidente della Fondazione dal luglio 2015. Subentrato a Giuliano Segre, banchiere socialista che aveva fondato l’istituto presiedendolo per un quarto di secolo. Cinque sono i membri del Cda. Maria Ledi, docente torinese, nel Cda di Save. Carlo Nordio, pm appena andato in pensione; Giorgio Piazza, presidente del Consorzio di bonifica, viticoltore e cacciatore; Amerigo Restucci, ex rettore Iuav. Quattordici sono i membri «cooptati», cioè nominati direttamente dalla presidenza del Consiglio generale. Tra questi il vicepresidente Franco Gallo, giudice costituzionale; l’ex ministro ed ex presidente del Porto Paolo Costa. E altri «ex illustri», come la direttrice delle Gallerie dell’Accademia Paola Marini, il segretario regionale Angelo Tabaro, il presidente della Camera di Commercio Giuseppe Fedalto. I due rettori Alberto Ferlenga e Michele Bugliesi. Riccardo Calimani, storico e direttore della sede Rai di Venezia, si era dimesso dal Consiglio due anni fa. Allora in polemica proprio con le scelte decise dalla dirigenza della Fondazione. 120 milioni di investimento per realizzare l’M9, il nuovo museo di Mestre. Gioiello dell’architettura moderna che stenta a decollare. Non bastano i turisti e gli affitti dei negozi per rientrare dagli investimenti. E molti temono una crisi della Fondazione, che qualche anno fa aveva pensato di mettere in vendita per farne un albergo anche la sua sede di piazzale Roma, che negli anni scorsi aveva finanziato molte attività del territorio. «È una sfida», dice un consigliere, «che vogliamo vincere».

Movimenti di capitali e grandi investimenti che hanno fatto sperare il centro di Mestre in un rilancio anche culturale. Ma che adesso devono fare i conti con i bilanci e con la scommessa del primo grande museo della terraferma. —

A.V.

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