Famiglie in fuga e respingimenti storie di profughi, ottant’anni fa
Lia Finzi ha trasformato in un libro la sua esperienza di bambina negli anni delle fascismo a Venezia. .
Matteo Riberto
VENEZIA. Le leggi razziali, l’odio per gli ebrei nella Venezia degli anni ’40, la fuga di tante famiglie bloccate alle frontiere. Ciò che turba gli studenti presenti all’incontro organizzato dall’istituto Zuccante e dall’Anpi sono le analogie con il presente. Davanti a loro Lia Finzi, che ha trasformato in un libro la sua esperienza di bambina negli anni delle fascismo a Venezia. Ma più che sul razzismo di ieri, i ragazzi si soffermano su quello di oggi. Anche perché la sua fuga verso la Svizzera somiglia alle cronache attuali, ai viaggi della speranza di chi sfida il mare con un gommone. «Come dobbiamo comportarci con i flussi migratori?», «Qual è la sua posizione sul tema dell’accoglienza?». Lia Finzi non si tira indietro, impossibile slegare le risposte dal suo passato. Le domande degli studenti si susseguono. Sono dieci le classi che hanno partecipato all’incontro. Classi quarte e quinte dello Stefanini, Gritti, Guggenheim, Bruno, Franchetti e Zuccante.
Gli studenti ascoltano la storia di Lia Finzi, che sulla sua terribile esperienza ha scritto, “Dal buio alla luce”.
Nel 1938, l’Italia fascista vara le leggi razziali. Lia è una bambina, da quel giorno non può più frequentare la scuola femminile in campo San Maurizio. Nei locali compaiono le prime scritte: “Non sono graditi i cani e gli ebrei”. Il razzismo pervade luoghi pubblici, locali, campi e calli.
I bambini assorbono l’aria che si respira. «Ricordo le canzoni che ci dedicavano alcuni bambini»racconta «ebreo, giudeo, cavite el capeo, passa el signor e domani ti mor». Nel novembre del 43, la radio annuncia che il governo fascista ha disposto che tutti gli ebrei presenti sul suolo nazionale verranno portati in appositi campi. La famiglia Finzi decide di scappare. Scelgono la Svizzera, una meta che tanti nuclei famigliari ebrei cercano di raggiungere. Non tutti ce la faranno. Serve molto denaro, ci sono controlli serrati e i contrabbandieri: persone che chiedono soldi per aiutarti a fuggire e poi ti consegnano ai fascisti.
«Siamo riusciti a entrare in Svizzera dopo un viaggio terribile» racconta Lia «Noi siamo stati fortunati, la Svizzera ci ha accolto. Seimila persone sono riuscite ad entrare, ma 8 mila sono state respinte alla frontiera».
Da decenni Lia Finzi va nelle scuole a raccontare la sua storia. Ciò che la muove è il ricordo dell’indifferenza, e il negazionismo che avvolse la Shoah dopo la guerra. Indifferenza, respingimenti e contrabbandieri di uomini. Gli studenti pensano al presente. «In certi momenti mi sono sentito in colpa» dice Riccardo, uno studente «i contrabbandieri, l’indifferenza delle persone, le discriminazioni. Ci sono anche oggi, non si deve far finta di non vedere». —
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