Niente più vetri e maschere È boom di bar e abbigliamento
L’accusa di Confesercenti «Senza un piano di sviluppo economico il commercio si regola da solo a seconda della domanda del mercato»
Manuela Pivato
Dopo le botteghe di maschere, ora tocca ai negozi di vetri. Da quelli dozzinali, con tutto a un euro, a quelli artistici, con pezzi impegnativi e molto costosi. Al loro posto, aprono negozi di abbigliamento e, soprattutto, bar. Bar, paninoteche, fast food, le cui licenze erano state chieste prima della stretta di Ca’ Farsetti e i cui risultati si vedono oggi.
al ponte del lovo
Al ponte del Lovo, lì dove c’era uno show room di vetri, aprirà a breve un bar gestito da cinesi. Il marchio Dan John sta ultimando i lavori di restauro dei locali di campo San Luca, occupati fino a qualche settimana fa da una vetreria che vendeva oggetti-sculture. Ha chiuso anche il negozio di vetri a un euro all’inizio delle Mercerie: tre piani di paccottiglia ora affittati a una griffe di abbigliamento maschile. Stessa sorte per lo storico negozio di vetri qualche metro prima, che ora vende collane.
«E’ nella logica delle cose degli ultimi vent’anni - osserva Piergiovanni Brunetta di Confesercenti - prima è stato il boom delle maschere e dei vetri, ora dei bar.
E’ chiaro che lì dove apre un esercizio pubblico sparisce qualcos’altro, e non necessariamente questo è un male, fatto salvo quando, ad andarsene, sono i negozi per i residenti».
Il turismo di massa, con le sue necessità, continua cambiare la pelle della città e lì dove una volta l’oggetto di vetro o la mascherina rappresentavano un souvenir irrinunciabile, oggi i bisogni dei visitatori sono ancora più primari: un caffè, una bottiglietta d’acqua minerale, la possibilità di usufruire (gratuitamente) di una toilette.
lo studio medico
Non è un caso se anche uno degli studi medici più noti e frequentati in città, quello ai ponte dei Baretteri, abbia chiuso i battenti, accogliendo, in sua vece, un’agenzia di viaggi. «In mancanza di una programma di sviluppo economico, il commercio si regola da solo - continua Brunetta - Se né la Regione né il Comune fanno niente per disciplinare il settore, allora il privato fa quello che vuole. Alla fine andrà come con le maschere e i vetri: hanno aperto una miriade di botteghe che poi hanno chiuso. Lo stesso accadrà con i bar. Sono i cicli economici. Vedremo tra cinque anni quanti di questi locali saranno ancora aperti.
la storica enoteca
Intanto, però, pezzo dopo pezzo, se ne vanno attività storiche, come il negozio di vini in calle della Bissa, al cui posto è arrivato un restauratore di tappeti, l’iraniano Ali Kiani. O come l’edicola di calle dei Fabbri. Nulla ferma, invece, l’avanzata delle grandi firme. In via XXII Marzo è sbarcato Yves Saint Laurent: sei vetrine e 400 metri quadrati di marmi e specchi. —
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