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Non ha informato la famiglia, Ire condannata

Anziana ricoverata in ospedale in punto di morte senza avvisare la figlia, la casa di riposo costretta al risarcimento danni

Rubina Bon
2 minuti di lettura

Venezia

La mamma, ospite della casa di riposo Santi Giovanni e Paolo, viene ricoverata all'ospedale Civile in gravissime condizioni, ma la figlia è avvertita solamente quattro giorni dopo, quando l'anziana è in punto di morte.

Il caso è arrivato di fronte al giudice civile Carlo Azzolini che ha condannato l'Ire – Istituzioni di ricovero e di educazione di Venezia – a pagare 11mila euro alla figlia dell'ospite (difesa dagli avvocati Edoardo Andreotti Loria e Michela Trentin) la quale inizialmente non aveva pagato il proprio debito (poi saldato) nei confronti della struttura in virtù dell'episodio finito in tribunale.

La madre della donna, classe 1931, era ospite della casa di riposo a due passi dal Civile dal 2009. L'anziana era in sedia a rotelle, non più in grado di essere autonoma e sofferente di alcune patologie che imponevano tre sedute alla settimana di emodialisi in ospedale.

Anche nel pomeriggio dell'8 gennaio 2013 era prevista la terapia. A pranzo la figlia si era recata dalla madre in casa di riposo per aiutarla a mangiare e nulla faceva pensare a quello che sarebbe successo.

Quattro giorni dopo, il 12 gennaio alle 8.45, la figlia aveva ricevuto una telefonata dall'ospedale nella quale veniva informata che la madre era stata ricoverata già nel pomeriggio dell'8 perché le sue condizioni si erano improvvisamente aggravate a causa di un problema a un catetere venoso durante la terapia.

La donna si era immediatamente precipitata al Civile, trovando la madre già in coma. Il giorno successivo, l'anziana era morta.

La figlia ha quindi citato in tribunale l'Ire (e non l'ospedale) ritenendo di dover essere avvisata tempestivamente del ricovero del genitore, avendo lasciato i propri recapiti che in passato erano già stati usati per le emergenze.

I difensori della donna hanno sostenuto l'inadempimento della struttura rispetto agli obblighi contrattuali, comportando così “l'abbandono a sé dell'anziana per quattro giorni senza il conforto, l'assistenza materiale e morale di alcun familiare” e, in parallelo, la stessa figlia sarebbe stata privata della possibilità di assistere la madre negli ultimi giorni di vita.

La casa di riposo ha sostenuto che l'omessa informazione è stata “una circostanza spiacevole solo dal punto di vista umano, di non avere alcun obbligo di chiamare i parenti - cosa che avrebbe dovuto fare l'ospedale - e di aver comunque continuato ad assistere la paziente anche durante il ricovero. Il tentativo di trovare una conciliazione tra le parti non ha avuto gli esiti sperati. Nella sentenza pubblicata nei giorni scorsi viene accolta la domanda di risarcimento della figlia. Secondo il giudice, dal momento che il rapporto tra la struttura e il familiare dell'ospite è regolato da un contratto d'opera atipico, “rientra nel dovere di protezione ed assistenza generica la tempestiva e immediata informazione del familiare contraente in presenza di una situazione di pericolo per l'ospite”.

In caso di ricovero, infatti, vengono meno obblighi e garanzie previsti dal contratto. Anche nella Carta dei servizi della casa di riposo viene fatto riferimento all'obbligo di informazione tempestiva dei parenti in caso di emergenza, qual è un ricovero.

Di qui il risarcimento del danno patito dalla donna, stabilito in via equitativa in 11mila euro tenendo conto, chiarisce il giudice, “della situazione di rabbia, frustrazione e dispiacere per non aver potuto sostenere ed assistere moralmente la madre nei giorni di agonia prima della morte”. —

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