Alberto Vazzoler in tribunale giudizio immediato il 9 gennaio
Per patteggiare pretende che non gli vengano confiscati i due attici comprati con soldi sporchi e vuole pagare in contanti la sanzione prevista tra i 2 e i 3 milioni
Cristina Genesin
jesolo
Movimentare soldi sfuggiti al Fisco. E trasformarli in capitale liquido, contanti da riportare in Italia o da trasferire in altri paradisi fiscali. Chissà se i segreti meccanismi di quella macchina del riciclaggio internazionale saranno mai spiegati in un’aula di tribunale il prossimo 9 gennaio.
Per quel giorno è fissato il giudizio immediato nei confronti di Alberto Vazzoler, dentista-finanziere d’assalto, in realtà riciclatore professionista prima in carcere ora agli arresti domiciliari nell’abitazione di famiglia a Musile, una residenza a Montecarlo, un superattico a Jesolo e un altro a Padova nella storica piazza dei Frutti. Non da solo: con lui lo svizzero Albert Damiano, l’unico ancora in carcere con la bocca ben chiusa, e il bergamasco Marco Remo Suardi.
Vazzoler aveva manifestato l’intenzione di patteggiare in fase d’indagine, rito alternativo che offre lo sconto fino a un terzo della pena. A una condizione sulla quale si è aperto un braccio di ferro con l’autorità giudiziaria: pagare in contanti la sanzione prevista (fra i 2 e i 3 milioni) e ottenere dissequestro e restituzione dell’attico jesolano su tre livelli nella torre Mizar in piazza Drago (274 metri quadrati e 11 vani) intestato alla società Mare Calmo creata da Vazzoler con Domenico Finotti (di Padova) per schermare la vera proprietà dell’immobile, come dell’attico padovano in piazza dei Frutti 36 (10 vani e 233 metri quadrati con tappeti del valore di 100 mila euro) intestato alla sorella Stefania. Sorella prestanome pure di conti spartiti con i genitori e una serie di società. E lui? Nullatenente e senza occupazione. Ecco perché la magistratura non molla. Se sfuma il patteggiamento e i due attici finiranno confiscati perché – sostiene la procura – comprati con soldi sporchi, Vazzoler avrà due possibili scelte: essere giudicato con rito abbreviato (dal gup Margherita Brunello) e beneficiare dello sconto di un terzo in caso di condanna oppure affrontare il processo. E, in quest’ultima ipotesi, nessuno sconto di pena. Con lui sul banco degli imputati, chiamati a decidere quale strategia processuale adottare, pure Damiano, uomo-chiave dell’organizzazione che conta su una rete di spalloni e arruola i clienti da tutta Europa, e il procacciatore d’affari Suardi.
Ma come funzionava la macchina del riciclaggio costata a Vazzoler e soci l’accusa di associazione a delinquere finalizzata (appunto) al riciclaggio internazionale? Il cliente contattava lo studio di Suardi o Damiano. Era aperto un conto nella Repubblica Ceca o Slovacca a suo nome dove confluiva il danaro proveniente dalla Svizzera tramite bonifico. Da lì il trasferimento dei soldi in un conto a Dubai intestato a una società creata da Vazzoler e soci. La giustificazione? Acquisto di lingotti d’oro. Passaggio non sempre diretto: talvolta il danaro transitava per altri paesi Uue, come la Croazia, prima di finire negli Emirati Arabi con operazioni di home banking. A Dubai il prelievo dei soldi, spediti in Svizzera grazie a un corriere specializzato e la consegna al cliente in contanti previa detrazione della provvigione (dal 5 al 10%); oppure bonificati nel conto della società Mill Sutter A.G. specializzata nel servizio di trasformazione in contanti. A volte da Dubai “traslocavano” sui conti di altri paradisi fiscali come le Bahamas. La Svizzera non più sicura dopo l’accordo con l’Italia in tema di cooperazione fiscale. Resta aperta l’inchiesta per Elena Maganelli Di Rienzo che operava Dubai e la compagna di Vazzoler, Silvia Moro, con l’avvocato croato Dibravko Zeljko. —
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