Una città sotto assedio, per Venezia la Vida è un modello
Gli occupanti dell'ex edificio pubblico venduto dalla Regione a un privato per farci l'ennesimo ristorante per turisti sono una risorsa. Non meritavano di essere sgomberati dalla polizia in assetto antisommossa
Roberto Ferrucci *
Venezia, si sa, è una città sotto assedio. Lo dicono tutti, basta sfogliare i giornali di ogni angolo del mondo dove, puntualmente, ci si occupa con grande apprensione del suo futuro imminente, di un destino che sembra ineluttabile.
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Un accerchiamento autoreferenziale, dicevo, perpetrato da istituzioni (Regione e Comune in particolare) in mano a chi di Venezia sa poco o nulla, che a suo modo non la ama, gente per cui Venezia è solo una cartolina da vendere pezzo dopo pezzo al miglior offerente.
Un assedio che punta a immettere numeri sempre più spropositati di turisti, di “clienti”, necessari a espellere via via, residenti sempre più esasperati, esausti.
È un disegno pianificato con cura, che ha trovato la sua apoteosi nel 2015, con l’insediamento della giunta attuale, che non fa altro (insieme alla regione) che sopprimere spazi pubblici (sarebbero decine gli esempi: bastino la Vida, Poveglia, il Blue Moon al Lido), e che non fa che impedire alle Municipalità – uniche istituzioni veneziane oggi dalla parte del cittadino – di svolgere le loro funzioni, le loro attività. Per fortuna ci sono associazioni che vegliano su tutto ciò, nell’assenza pneumatica di un’opposizione – politica – ormai del tutto sgangherata e alla ricerca di una perduta identità.
Dobbiamo perciò ringraziarli, gli occupanti della Vida, che non meritavano di essere sgomberati da poliziotti in assetto antisommossa, e che meritano invece di essere riconosciuti come vera risorsa di Venezia, come punto di partenza di una nuova visione, una nuova fruizione, di un nuovo modo di viverla sul serio, la nostra città.
* scrittore
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