"Via da Cona", gli oltre 200 migranti hanno vinto: sono tutti in partenza per altri centri
Le parrocchie spalancano le porte ai migranti. Gara di solidarietà tra i residenti. Il sindaco di Mira Dori procura i bagni chimici Don Bobbo: «Li ho visti stanchi e provati, avevano bisogno di essere ascoltati»
di Marta Artico
MIRA. Gli oltre duecento profughi che hanno passato la notte nelle parrocchie e negli oratori del Mirese messi a disposizione dalla diocesi di Venezia, sono in partenza. Il comune di Mira sta provvedendo a dare un pasto caldo a tutti, in attesa di capire dove andranno.
Sui volti dei ragazzi tornano i sorrisi
La Questura fa sapere che verranno spalmati in tutta la Regione, in strutture di accoglienza già presenti e che partiranno nel primo pomeriggio per le destinazioni previste.
Il corteo per i diritti dei rifugiati bloccato dalla polizia
Una vittoria per i richiedenti asilo che a Conetta non volevano più rimanere e che si erano messi in marcia per Venezia.
La marcia dei profughi verso Venezia: al gelo per la dignità
Hanno passato la notte in quattro parrocchie del Mirese e un centro di accoglienza dove migranti come loro si sono fatti più stretti su richiesta del Patriarca, Francesco Moraglia, il quale ha dimostrato che la Chiesa veneziana non si tira indietro quando gli ultimi chiedono aiuto. La riposta della Diocesi al “caso Conetta” è racchiusa nella frase di un uomo che quando ha riconosciuto monsignor Pistolato arrivare per controllare se tutto fosse a posto ha esclamato ancora in tuta da lavoro: «Ho chiuso l’officina e mi sono precipitato a dare una mano». Il resto è cronaca di solidarietà, quella vera.
Riprende la marcia dei profughi verso Venezia
Ma partiamo dall’inizio. La decisione di aprire oratori e parrocchie è arrivata nel primo pomeriggio di ieri, nonostante i migranti fossero stati fermati a Bojon, che a voler essere pignoli rientra all’interno della Diocesi di Padova. Ma la carità non ha confini. E così il Patriarcato si è attivato, l’ordine in brevissimo è stato diramato grazie al vicario episcopale monsignor Dino Pistolato, la forza capillare della Chiesa si è messa in moto e ai rifugiati è stato garantito un tetto per la notte, delle coperte, vestiti, un letto, cibo e anche parole di conforto e ascolto, di cui avevano più bisogno che di tutto il resto. Famiglie, volontari, giovani e anziani li hanno assistiti senza se e senza ma. Il sindaco di Mira, Marco Dori, ha fatto arrivare da Vicenza i bagni chimici per la notte, una gara di solidarietà senza precedenti.
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«Purtroppo quello a cui assistiamo è un copione già visto», spiega monsignor Pistolato che ieri ha passato la serata a Mira controllando parrocchia per parrocchia che ognuno avesse un letto, «persone che cercano una vita migliore incontrano una realtà di morte, è contraddittorio. Che la situazione a Conetta sia migliorata è abbastanza palese, prima c’erano solo tende e un campo, adesso ci sono strutture, ma il problema è un altro: la questione sono sempre i tempi lunghi per avere delle risposte e anche quando arrivano, che sia un permesso di soggiorno o umanitario, dopo ci vorrebbe una casa, ci vorrebbe un lavoro, obiettivamente non è facile se non c’è un concorso di tutti per dare delle risposte ed evitare che ci siano frange che sfruttano la situazione. I profughi vogliono tempi diversi, non vogliono stare al freddo, vogliono vivere meglio, ma bisogna stare attenti a non creare un assistenzialismo eterno. Quello che percepisco, è una stanchezza di fondo che rischia di diventare esasperazione. La nostra Diocesi è sempre stata coerente. Speriamo che tutto rientri, che si sgonfi, sono situazioni potenzialmente pericolose perché c’è sempre chi vuole creare scontro».
I profughi sono arrivati prima di cena in pullman. Sono stati ospitati a Mira, Gambarare, Oriago e Borbiago, più una ventina nella casa alloggio San Raffaele, in tutto circa 200. «Abbiamo aperto oratori e strutture a disposizione», spiega il vicario foraneo don Cristiano Bobbo, «abbiamo dato loro coperte, ci sono associazioni che si stanno attivando, il paese è solidale: chi provvede al cibo, chi a riscaldarli, le persone hanno sentito cosa accadeva e sono arrivate da sole. Sono pacifici, sereni, hanno le loro borse appresso. Ci sembrano provati e stanchi, hanno voglia di stare seduti, di riposare, si guardano negli occhi, adesso cercheremo di ascoltarli e di capire. «Una riposta bella e forte», chiosa Pistolato.
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(ha collaborato Alessandro Abbadir)
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