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Referendum: niente quorum a Venezia, vota il 44,9%

Capoluogo in controtendenza insieme a Portogruaro e San Michele-Bibione. Plebiscito per il Sì nel Miranese

di Francesco Furlan
3 minuti di lettura
Il sindaco Luigi Brugnaro  

VENEZIA. Il Veneto imbocca la strada dell’autonomia, e anche l’area metropolitana di Venezia composta da 44 comuni premia il sì al referendum con un’affluenza del 57% (43 Comuni su 44), e i sì ben oltre il 90%. Ma se a decidere fosse stato il Comune capoluogo il quorum non si sarebbe raggiunto: in una città da sempre refrattaria alle sirene della Lega, a Venezia  l’affluenza si è fermata al 44,9% (di cui il 97% sì) con una marcata differenza rispetto al resto della provincia, dove sotto il quorum restano anche Portogruaro e San Michele al Tagliamento.

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La mappa del voto referendario riflette solo in parte l’orientamento politico emerso nelle ultime elezioni amministrative con il popolo del centrosinistra e del Pd spaccato rispetto all’indicazione di voto della maggior parte dei dirigenti, schierati a favore di un sì, se pur critico. Se in città gli elettori di centrosinistra sono stati in buona parte a casa, nel resto della provincia e soprattutto in alcune aree del Miranese e della Riviera del Brenta - dove molti sindaci del Pd erano per il sì - hanno giocato un ruolo fondamentale. Alta la partecipazione nel Veneto orientale dove a Jesolo e Musile di Piave, quest’ultimo feudo del vicepresidente della Regione, Gianluca Forcolin, il quorum è stato abbondantemente superato già alla rilevazione delle 19. Nel resto della provincia percentuali molto alte a Martellago, comune di centrosinistra, e a Scorzè, guidato dal pasionario sindaco Giovanni Battista Mestriner, e sede dell’ultima festa provinciale della Lega Nord con la partecipazione di Matteo Salvini per la volata della campagna elettorale.

Il patriarca Francesco Moraglia 


Le prese di posizione. Un voto al quale, anche a Venezia, si è giunti con numerose prese di posizione istituzionali a favore del sì. Tra le ultime quella del patriarca di Venezia, Francesco Moraglia. «Confronti e consultazioni elettorali che si svolgono nel rispetto della Costituzione italiana», aveva spiegato in una nota, «possono aiutare a far crescere la spinta alla sussidarietà e al bene comune dell’intera comunità (locale e nazionale) anche attraverso modalità più eque e più giuste». «Autonomia non significa separazione», aveva aggiunto il Patriarca, segnando così il confine invalicabile di una consultazione che - è il ragionamento della chiesa veneziana - ora non dovrà prendere la deriva del secessionismo. Un endorsement di peso, preceduto nelle settimane precedenti da quello di sindacati come la Cisl, di Confindustria Venezia, con il suo nuovo presidente Vicenzo Marinese.

Il presidente di Confindustria Venezia, Vincenzo Marinese 

Anche tra i 44 sindaci dell’area metropolitana, in 35 si erano schierati apertamente per il sì, a partire dal Maria Rosa Pavanello, sindaco del Pd di Mirano e presidente regionale dell’Anci, l’associazione nazionale dei comuni italiani. In otto avevano deciso invece di non rispondere o, pur andando a votare, di non svelare le loro intenzioni di voto. Solo uno, Alberto Panfilo, sindaco del piccolo Comune di Cona, pur essendo a capo di una coalizione di centrodestra, si era espresso per l’astensione. «La Lega in 11 anni e in particolare nel 2008 con Galan governatore e Zaia ministro», aveva così motivato la sua scelta, «nulla ha fatto per concretizzare questa autonomia».

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Venezia sotto il quorum. Il Comune di Venezia non è il Veneto, e il voto di ieri ne è l’ennesima prova: a votare sono stati solo votare 93.625 elettori su 208.551 aventi diritto. Non sono serviti quindi neppure gli inviti al voto del sindaco Luigi Brugnaro. «Oggi tutti a votare!», il suo ultimo appello, lanciato ieri mattina via Twitter, «Tutti a votare per cambiare la struttura dello stato verso il federalismo».

Il sindaco Luigi Brugnaro  

Spiegando dopo il voto: «Ho votato sì per maggiore potere al Veneto in una futura Italia più forte e più federalista. No agli egoismi, sì alla buona amministrazione». A favore dell’astensione era invece gran parte del Pd locale, e quei parlamentari, tra i quali Michele Mognato, Davide Zoggia e Delia Murer, che negli ultimi mesi si sono spostati a sinistra con Articolo 1-Mdp. Astensione scelta, dicono i dati, anche dalla maggior parte degli elettori del centrisinistra.

Il caso del Miranese. È tra i comuni del Miranese (Mirano, Spinea e Martellago sono di centrosinistra) che gli elettori del Pd hanno avuto un peso importante nel raggiungimento di alte percentuali di partecipazione e quindi di sì. A Mirano l’affluenza ha raggiunto il 57,1% mentre a Spinea e a Martellago, comuni guidati rispettivamente dai sindaci Pd Silvano Checchin e Monica Barbiero le percentuali sono stati del 55,6% e del 61,5%. Capitolo a parte per Scorzè, dove la campagna elettorale è stata dal sindaco Mestriner e dal consigliere regionale (lista Zaia) Gabriele Michieletto e Santa Maria di Sala (affluenza al 68,5%), seconda area industriale di Porto Marghera, da sempre di centrodestra.

Gianluca Forcolin 


Il sì lungo il Brenta. Più a macchia di leopardo la situazione in Riviera del Brenta, un’area in cui il centrosinistra ha via via, nel corso degli ultimi dieci anni, ceduto il terreno al centrodestra anche se oggi guida i due comuni principali: Mira, che dopo la parentesi grillina ha scelto Marco Dori, e Dolo, con Alberto Polo. In entrambi i comuni l’affluenza vola sopra il 55%. E raggiunge il 60% nei comuni più piccoli dell’area.

Portogruaro al 44,8%. E’ un caso il dato di Portogruaro, comune a guida leghista dove però l’affluenza si è fermata sotto il 50%. Per il resto alta la partecipazione nel Veneto orientale il cui elettorato, con alcune eccezioni, è orientato verso il centrodestra. E dove anche sindaci del centrosinistra, primo tra tutti Andrea Cereser, si sono schierati senza tanti fronzoli a favore del sì. Sotto il quorum (al 43%) anche san Michele al Tagliamento, comune di confine con il Friuli.

Chioggia schierata. Anche don Vincenzo Tosello, direttore del settimanale della diocesi di Chioggia, la Nuova Scintilla, si era schierato per il sì. Così come il sindaco 5 Stelle, Alessandro Ferro, di solito parsimonioso nelle dichiarazioni. Senza dimenticare Carlo Alberto Tesserin, che da presidente del Consiglio regionale portò avanti le istanze dell’autonomia e il vice-presidente regionale del Pd, Lucio Tiozzo, pure lui schierato a favore dell’autonomia. Al voto il 52,5% degli elettori: 9 su 10 per il sì.

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