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Transazioni ambientali: «Non fu concussione»

Marghera, il pm chiede l’archiviazione per Mascazzini (Ministero) e Schiesaro (Avvocato dello Stato)

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Dalla bonifica della laguna di Grado e Marano a quella di Venezia antistante Porto Marghera: per il pm veneziano Stefano Buccini (lo stesso dell’inchiesta Mose assieme al collega Stefano Ancilotto), non c’è stata alcuna associazione per delinquere finalizzata alla concussione negli accordi sulle transazioni ambientali per la bonifica delle aree (più o meno inquinate) tra il Ministero dell’Ambiente e quattro aziende di Porto Marghera. Per questo nelle scorse settimane il magistrato ha chiesto l’archiviazione per gli otto indagati, su cui ora dovrà esprimersi il giudice per le indagini preliminari. Un affare da quasi 15,5 milioni di euro che aveva interessato le società San Marco Petroli (3 milioni nel 2011), Vega Parco scientifico (2.492.000 euro nel 2010), Fincantieri (6 milioni nel 2008) e Intermodale Marghera (4 milioni nel 2005). Indagati dalla Procura il direttore generale del Ministero dell’Ambiente Gianfranco Mascazzini, Giampaolo Schiesaro, avvocato dello Stato di Venezia, Giovanni Mazzacurati, Andrea Barbanti, responsabile di Thetis, Vito Ardone e Simone Fassina quali collaboratori di Mascazzini, Guido Zanovello, socio dello Studio Altieri, e Giorgia Scopece della Sogesid.

Quello delle bonifiche di Marghera è un filone della maxi inchiesta sulle bonifiche di Grado e Marano che un anno fa è stato trasferito a Venezia per competenza territoriale. Stando al capo d’imputazione, gli indagati, in virtù del loro potere, avrebbero costretto alcuni imprenditori proprietari di aree inquinate ad aderire alle transazioni ambientali, versando le somme pattuite al Ministero dell’Ambiente che a sua volta le riversava al Cvn e da questo a Thetis e Studio Altieri. Così facendo, l’obbligo della bonifica si trasferiva sul Ministero, che però non provvedeva. Secondo il magistrato romano, Mascazzini era «regista incontrastato dell’operazione», mentre Schiesaro «la mente giuridica». Le armi per fare pressing sugli imprenditori erano le “minacce” di verifiche da parte del Noe, di denunce penali e del blocco delle concessioni edilizie. Lo avevano raccontato le vittime alla polizia giudiziaria, che aveva sentito anche l’ex presidente di Mantovani Piergiorgio Baita e l’ex sindaco Giorgio Orsoni.

Per il pm, tuttavia, la transazione è un accordo sottoscritto dalle parti in presenza dei propri legali e quindi prevede un’adesione. Mascazzini avrebbe sì ribadito alle aziende che, in assenza dell’accordo sulla bonifica, i tempi si sarebbero allungati e l’iter complicato. Ma non ci sarebbe la prova dell’atteggiamento concussorio. (ru.b.)

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