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L’ecatombe delle botteghe «Punto di non ritorno»

Dalla Fiaschetteria Toscana al negozio di scarpe Penzo, muore il tessuto della città Brunetta (Confesercenti): «La domanda turistica è ormai fuori da ogni controllo»

di Manuela Pivato
2 minuti di lettura
Il ristorante che diventa Burger, la cartoleria che si trasforma in fast food, la latteria convertita in bazar cinese, la bottega di calzature che lascia il posto a magliette da pochi euro. Il volto riconoscibile della città, quello fatto di locali e negozi storici, spesso gestiti dalla stessa famiglia per più generazioni, talmente inseriti nella città da dare il nome a calli e ponti, sta cambiando a una velocità sorprendente, facendo spazio sempre di più e sempre più spesso ad attività a misura di turista.

La zona di San Giovanni Grisostomo ha visto sparire nell’arco di pochi mesi uno dei ristoranti più noti della città, La Fiaschetteria Toscana, e il fotografo all’angolo, Centro Foto Video, per lasciar spazio rispettivamente a un Burger King e a un fast food, uno di fronte all’altro.

Un po’ l’età dei gestori, un po’ i tempi cambiano, moltissimo l’asservimento della città all’autocrazia turistica, hanno stravolto un piccolo angolo di città che ai veneziani era caro soprattutto per l’ex ponte dei giocattoli, ora ponte delle maschere e souvenir fatti ovunque tranne che in laguna. E su un altro ponte, quello della Canonica, dopo aver calzato i piedi di almeno tre generazioni di veneziani, nei giorni scorsi ha chiuso anche Penzo; al suo posto, magliette per turisti da pochi euro.

«Purtroppo sono molto pessimista sul futuro di questa città, se non ci sono regole, se non si fa prevenzione, vince la domanda, e sulla domanda turistica ormai folle, praticamente senza limiti, l’offerta si adegua» dice Piergiovanni Brunetta di Confesercenti « lì dove l’amministrazione locale non riesce a dare limiti, succede che il privato si organizza e si adegua. Cosa si può fare? Forse bisognerebbe usare il passato: cosa si poteva e si doveva fare? Ci dovevano essere vent’anni di controlli, regole, limitazioni che l’amministrazione avrebbe dovuto trovare, così come è stato possibile mettere anni fa il vincolo su San Leonardo e gli Oresi. Ma senza la volontà politica, credo che ormai siamo arrivati a un punto di non ritorno».

Non ritorna indietro una calle centralissima e vivace come quella dei Fuseri, nella quale eroicamente resistono alcune piccole boutique e una della più eleganti profumerie della città, ma dove quella che è stata per settant’anni prima una latteria e poi un’osteria – Da Zorzi - è diventata un emporio di maglie e borse cinesi.

Non va meglio la parallela calle dei Fabbri, che dopo cento anni ha perso anche la cartoleria Testolini (a beneficio del vicino ristorante Teatro Goldoni) e diventata nell’arco di pochi anni una chinatown; o ancora calle della Mandola, che suo malgrado assiste alla chiusura delle storiche botteghe, come quella dell’artigiano di borse che ha resistito un po’ e poi ha lasciato.

Basta veramente chiudere un occhio. In tre giorni e una mano di bianco, le vecchie botteghe si trasformano in quello che le masse di turisti evidentemente chiedono: vetri dozzinali, maschere fatte altrove, vestiti sintetici e chincaglieria di pessimo gusto.

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