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Campo vietato, esposto in Procura

Contestato il divieto d’uso degli impianti imposto dall’Asd Pegolotte ai migranti della base di Cona

di Diego Degan
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CONA. «La decisione dell'Asd Pegolotte di impedire l'accesso agli impianti sportivi, ai soli rifugiati di Conetta, è un vero e proprio atto di discriminazione». Lo sostiene Diego Boscarolo, cittadino di Bagnoli che fa riferimento all'associazione “Bassa padovana accoglie”.

Ma Boscarolo non lo dice solo a parole, lo ha anche messo nero su bianco in un esposto (quindi in forma interrogativa, per essere precisi) inviato alla procura della Repubblica di Venezia e, per conoscenza, anche al sindaco di Cona, Alberto Panfilio, e ai capigruppo di opposizione, Antonio Bottin, Michele Galazzo e Dario Battistini. Boscarolo ipotizza la violazione dell'articolo 3 della Costituzione, dell'articolo 2 del testo unico sull'immigrazione (Dlgs 286/98) e di altre norme che sanciscono la parità di trattamento tra italiani e stranieri

La vicenda è scoppiata all'inizio della settimana scorsa quando, su pressante richiesta dei genitori dei calciatori minorenni del settore giovanile, la società calcistica, con una comunicazione rivolta a soci e atleti, ha inibito l'accesso agli impianti sportivi «alle persone accolte presso il campo base di Cona in attesa di essere sottoposti ai previsti controlli sanitari e vaccinazioni». Un provvedimento giustificato con «ovvie ragioni di igiene e sanità pubblica». In realtà il problema era il caso di presunta meningite verificatosi nella base di Conetta, ai danni di un 19enne bangladese, pochissimi giorni prima, ma che si era rivelato (con tanto di dichiarazione dell'Usl) «non contagioso».

I genitori si erano comunque allarmati e avevano chiesto (minacciando di ritirare i figli) alla società l'allontanamento dei profughi che usavano (fino a due giorni prima) le strutture sportive.

La comunicazione dell'Asd Pegolotte cerca di salvare il salvabile nella forma, perché parla solo di “non vaccinati” ma, di fatto, tutti i profughi sono stati banditi, anche quelli regolarmente vaccinati, come i giocatori di calcio. Del resto la prescrizione igienico sanitaria avrebbe un senso completo se fosse rivolta a tutti i non vaccinati, italiani o stranieri, ma così non è. Inoltre la stessa comunicazione che esclude i migranti, assicura che, fino a quel momento, tutti coloro che avevano usufruito degli impianti «risultavano regolarmente sottoposti ai previsti controlli sanitari e vaccinazioni» e che tutti gli ambienti (spogliatoi, docce, ecc.) «sono sottoposti con regolarità ai previsti piani di pulizia e sanificazione». Insomma, se non c'era nulla di cui preoccuparsi fino al giorno prima, perché inibire l'accesso a quelle persone? La risposta è fin troppo facile: paura. L'esposto richiama, nella sostanza, tutte queste circostanze facendo notare, però, che la presunta “paura” è rivolta a senso unico verso i profughi, in modo generico e generalista. Tanto più che l'impianto sportivo è del Comune (che eroga anche dei contributi economici alla società sportiva) e dovrebbe assicurare un “pubblico servizio”, aperto, cioè, a tutti.

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