«Addio a Coin, uomo umile e di talento»
Ieri a Santo Stefano i funerali dell’imprenditore Vittorio. Il commosso ricordo del figlio Piero: «Aveva un cuore grande»
di Manuela Pivato
Il suo talento, che, come nella parabola, seppe mettere a frutto, e la sua umanità; la sua riservatezza e il suo aver vissuto in punta di piedi, così come senza clamore se n’è andato, nel freddo di gennaio, con un brevissimo preavviso, a un’età in cui aveva ancora da fare e da dare. L’ultimo saluto a Vittorio Coin, ieri mattina nella chiesa di Santo Stefano, è stato un omaggio all’imprenditore, ma soprattutto all’uomo che non si è seduto sulla montagna dei propri talenti ma li ha divisi con gli altri, dall’Airc al Gruppo Atletico Aristide Coin fino ai poveri di Ca’ Letizia.
Con il groppo in gola, il figlio Piero ne ha ricordato «l’umiltà e l’onestà» che nella vita gli erano serviti tanto quanto il cognome e la lungimiranza, in un mondo in cui non sono qualità scontate. «Mio padre - ha detto - aveva un grande cuore nel significato più esteso del termine».
Intorno alla moglie Yaya e ai due figli Piero e Francesca, al fratello Piergiorgio con Franca e alla sorella Paola, si sono ricomposte le file degli amici, quelli di vecchissima data e quelli che si sono aggiunti negli anni, degli industriali, della nobiltà e della borghesia, dei professionisti e degli ex dipendenti che, con il cappello in mano, quindici anni dopo, sono lì per mostrare che «il dottor Vittorio» non l’hanno dimenticato.
La città lo saluta con l’intera riva sinistra del Canal Grande, da Luigino e Roberta Rossi ai Giol, dai Valmarana a Francesca Bortolotto Possati, da Tonci e Barbara Foscari a Roberta Zanga, tutti vicini di palazzo, nel chilometro dei salotti dove si è fatta la storia social-imprendioriale degli ultimi quarant’anni.
Nella chiesa gremita si mescolano il governatore Luca Zaia e l’ex sindaco Giorgio Orsoni, Marino Folin e Cesare De Michelis, Andrea Tomat e il sovrintendente della Fenice Cristiano Chiarot, Sigifredo di Canossa e Alfredo Bianchini, i vertici del Gruppo Coin e tutte le altre grandi famiglie veneziane e venete con i Candiani, i Camerino, i Pasetti, i Marzotto, gli Zoppas. Ciascuno con il proprio carico di ricordi che sanno di Cortina, cioè di meno di un mese fa, o dell’Harry’s bar, subito prima, dei concerti alla Fenice, da sempre, o della solidarietà che Vittorio sollecitava negli amici per sostenere la sezione veneta dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro di cui era presidente onorario dopo esserne stato per oltre venticinque anni il presidente.
«Un uomo semplice, senza fronzoli, caloroso, anche se non lo dava molto a vedere - è stato ricordato da don Roberto che ha celebrato la messa con don Luciano e don Luigi - un uomo che credeva nel valore delle persone, sempre attento agli altri, e soprattutto ai suoi dipendenti che lui considerava il suo vero capitale».
Niente fiori, aveva chiesto la famiglia, preferendo eventuali offerte all’Airc; ma i figli sono figli e l’hanno circondato di tenere rose bianche mentre gli atleti del Gruppo Aristide Coin hanno voluto partecipare con un cuscino rosso.
«Nei tanti momenti straordinari di successo - ancora dal pulpito - Vittorio non ha mai perso il suo stile personale fatto di umiltà, coraggio e partecipazione. Questi sono i suoi veri talenti».
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