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Come to Venice, il ritratto nascosto di una città

La sirena dell'alta marea, i volti coperti da veli neri, la mercificazione di luoghi stupendi: il documentario

2 minuti di lettura

VENEZIA. Come to Venice. Nella storia di questo breve documentario si rispecchia quello che accade oggi a Venezia. Il filmato è stato realizzato dall’artista veneziana Benedetta Panisson.

Assieme al curatore Amerigo Nutolo, Panisson ha dato vita a un progetto che ha avuto un percorso internazionale, di cui questo documentario è stato il cuore e che comprende altre opere.

Ecco il trailer

Come to Venice, un documentario racconta il ritratto nascosto della città

Per vedere il documentario completo clicca qui

Ha raggiunto in tre giorni oltre centomila persone, mosse da indignazione, la foto che fa il giro del web dove si vedono file di carne in vassoi di polistirolo illuminate come opere d’arte sotto gli affreschi di un luogo storico veneziano riconvertito a supermarket. Uno dei più antichi cinema-teatri che popolarono la città, poi divenuto aula universitaria, restaurato e bonificato per farne l'ennesimo luogo commerciale generalista.

“Si finirà per proporre prodotti a km 0 – dice il curatore, Amerigo Nutolo – nella prima città totalmente disabitata a causa del turismo di massa: grande distribuzione e speculazione sugli ultimi spazi legati allo sviluppo di una comunità stanno portando a zero solo il livello di abitabilità e di qualità di quel che si sviluppa. Qualunque patrimonio gestito senza progetto crea danni, anche quando è culturale.”

Ma Come to Venice non ha mai voluto fare un’azione di denuncia, ha voluto mostrare Venezia a se stessa, anche nella propria debolezza: è una città che va progettata da capo e che fatica ad autorappresentarsi. E i molti che la amano o vivono ogni giorno o che sono sensibili per situazioni analoghe del proprio territorio sono i soli che possono contribuire a rifondarla.

Vai alla pagina facebook del progetto

Le persone che parlano sono celate da un velo nero anche e non solo perché sono tanti coloro che hanno un legame intimo con questa città, e non importa la loro identità specifica, ma la loro comune appartenenza alla stessa creatura: Venezia e la sua Laguna.

Una delle opere come l’audio di questo documentario, era un’opera impossibile (ospitata da un apposito e singolare Festival tenutosi negli spazi dell’Università Humboldt di Berlino): far risuonare la vecchia sirena di allarme dell’alta marea – segnale di pericolo che ricordava quello di guerra – per quindici minuti in tutta la città senza nessuna apparente motivo. Una provocazione? Sì, anche. Ma, forse, il tentativo di dar voce al grido soffocato di una città che rischia di essere sommersa per effetto crescente di una letale, speciale, normalità.

Panisson. Si è fatto strada fra festival italiani ed esteri nel 2013 dopo essere stato volutamente ignorato in Laguna, perché non è comodo per nessuno mostrare la propria città che muore per mano di se stessa e d’altri. Poi ha ricevuto il Premio Giornalistico internazionale per Venezia, dell’Istituto Veneto di Scienze  Lettere ed Arti ed è approdato per alcuni giorni in Arsenale durante le aperture pubbliche, grazie al Forum Futuro Arsenale  e in Negozio Olivetti con l’appoggio del FAI, che con i volontari locali ha fatto proprio il progetto. Sarajevo, Maison de l’UNESCO a Parigi, Stati Uniti, Londra, Bruxelles, festival indipendenti (La Guarimba) e seminari accademici internazionali (ECLT, Royal College of Art) hanno ospitato il progetto

 

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