CONA. «L’unica cosa che c’era qui, prima che arrivassero i profughi, era il recinto. Ora ci sono migliaia di persone ammassate nei capannoni, solo per convenienza elettorale ed economica».
Aurora d’Agostino, avvocato ed esponente dell’Associazione nazionale giuristi democratici, tira così le fila della visita-ispezione alla base di Conetta. Le spiegazioni di Simone Borile, direttore tecnico della coop Ed Eco, hanno convinto la delegazione fino ad un certo punto («Ci hanno fornito i dati ufficiali, ma la realtà delle cose potremmo non saperla mai» aveva detto uno dei visitatori). «Questi migranti hanno solo il letto», continua la D’Agostino, «gli oggetti personali se li devono portare addosso o tenerli nel letto. Non sono persone, sono solo dei numeri». E la loro concentrazione «1200 persone in mezzo alle ortiche», lontano dalle zone abitate risponde a logiche elettorali («non sarebbe una buona propaganda un’accoglienza in appartamenti o abitazioni, vicino ai residenti») e a logiche economiche («se stanno tutti insieme si ammortizzano i costi») anche se, ovviamente, gli alloggi in strutture precarie peggiorano la qualità della vita. I dubbi della delegazione, però, investono anche i numeri. Dalla bolla di consegna del pasto di mezzogiorno (465 chili di riso, 74 di cous cous, 230 di secondi, 158 di contorni e 165 di sughi) escono 1434 pasti nominali standard, circa 200 in più del numero di ospiti dichiarati. «Ma lì ci sono anche i pasti degli operatori, almeno una trentina», aveva detto Borile, «e qua nessuno consuma un pasto standard. In realtà ogni ospite mangia di più». Ma, secondo la D’Agostino, il ragionamento potrebbe anche essere fatto al contrario, perché «io che faccio la spesa, so che dove mangiano in due, si può mangiare anche in tre». Calcoli che, comunque, andrebbero fatti avendo ben più di un foglio in mano che, appunto, può essere interpretato in maniera opposta. Resta la considerazione, secondo la delegazione che ha visitato la base, che su grandi numeri (Conetta è il centro più grande allestito in provincia di Venezia), l’integrazione e l’accoglienza diventano molto difficili e insediamenti come questo finiscono per creare ed esasperare tensioni sociali che, altrimenti, non esisterebbero. (d.deg.)