“Acqua alta a Venezia”. Il 4 novembre 1966 la Rai nazionale pronunciò questo laconico comunicato. Il ricordo è di Ranieri Da Mosto, l’allora vice caporedattore del Tgr veneto. «La linea telefonica e elettrica si interruppero al mattino», rievoca, «e Roma disse solo questo. I giornalisti e gli operatori bloccati lavorarono dove si trovavano. Poi un tecnico sistemò un gruppo elettrogeno e con forza chiesi spazio a Radio Sera. Iniziai così: «Vi parlo a lume di candela. La notizia fu ripresa da tutti, ma Firenze prevalse. Anche oggi manca l’attenzione su Venezia, dimenticata da anni». Memorie e testimonianze ieri all’Ateneo Veneto di chi si è trovato «con i piedi nell’acqua».
Ovunque galleggiavano materassi, nafta, pantegane. I veneziani presero d’assalto la chiesa di San Crisostomo per acquistare candele: un cero 100 lire. Il presidente Guido Vittorio Zucconi ha esordito così: «Firenze annebbiò Venezia che poi divenne un caso nazionale e internazionale. Per salvarla intervennero i Comitati privati e lo Stato con la legge speciale. Lo sforzo grandioso di allora è oggi offuscato da altri eventi e dalla politica del lamento». Articolato il racconto del regista Carlo Montanaro: «Controllavo la caldaia a nafta, mi spostavo con due sedie perché non avevo gli stivali alti e giravo con la candela. Il giorno dopo ricordo i pianti dei negozianti e il segno della nafta sugli edifici».
Arrigo Cipriani dell’Harry’s Bar aveva 34 anni. «Portammo tutto al piano superiore. La città sembrava bombardata. A pericolo scampato io e il mio staff un po’ brilli andammo a cantare in Piazza. Quelle 22 ore smossero il mondo e il denaro. Oggi il Mose ci fa vergognare».
Una voce anche dalla Soprintendenza. Adriana Augusti ha elencato le opere, le chiese, i monumenti danneggiati dalla risalita dei sali fino a cinque metri. Per salvarli il soprintendente Francesco Valcanover si attivò immediatamente: dal Comune ottenne la chiesa di San Gregorio, dopo due anni creò un laboratorio scientifico, poi acquistò la Scuola Vecchia della Misericordia. In tre anni furono restaurate 360 opere. L’antiquario Pietro Scarpa ha descritto la sua prima “bottega” allagata, 10 mq a San Moisè. Nel 1966 Mario Vianello era assessore provinciale: «Le zone bonificate erano sommerse di 3 o 4 metri, l’agricoltura e il bestiame in ginocchio». Poi ha sgranato numeri: 200 mila alluvionati, 70 mila ettari sott’acqua. Infine, il professore Paolo Puppa ha letto in anteprima il suo monologo “Acqua alta”: i ricordi e i tanti disagi di ieri e di oggi.Nadia De Lazzari