VENEZIA. Dal 15 luglio - da quando Nintendo ha rilasciato l'applicazione per iPhone e Android per giocare - è una vera e propria follia mondiale.
Parliamo di Pokémon Go, la caccia tra le strade delle città - cellulare alla mano - ai piccoli mostri di una celebre serie di cartoon giapponesi: si cercano, si "punta" con lo smatphone, si lancia una "mega ball" e si catturano. Ce ne sono più di cento, si gioca in squadre.
Una mania collettiva dilagata in pochi giorni in ogni dove, da New York al Giappone, dalla Nuova Zelanda a Padova, dove due studenti universitari sono stati multati all'alba di martedì per 210 euro, perché in sella a un motorino vagavano senza assicurazione, casco e entrambi con il cellulare in mano, per dare la caccia ai Pokémon: "Avevamo la testa per aria, eravamo in giro quando ci sono meno giocatori, per conquistare palestre" si sonos cusati con gli allibiti carabinieri che li hanno fermati.
A Venezia, però, si trovano ancora pochi Pokémon: non è tra le città scelte per fare da scenario alla caccia virtuale, così è partita una mobilitazione online per chiedere a Nintendo di lanciare il gioco anche in laguna. Poche ore e sono state messe in rete una pagina Facebook e petizione online su Change.org, che ha raccolto in breve quasi 400 firme: "Non ci sono Pokèmon a Venezia. Per piacere, Niantic o Nintendo risolvete questo problema: siamo la più bella città nel mondo e non abbiamo alcun ratata o Pidgey!".In realtà, "palestre" (punti di ritrovo per la caccia) ce ne sono a Venezia: al ponte di Rialto, a quello dei Sospiri, al ponte di Calatrava, alle Zattere - ma pare ci siano pochi "mostri" virtuali da catturare: sono di più a Mestre e al Lido.
Guardando quel che accade nelle altre città, forse è però un bene che a Venezia non sia ancora sbarcata in laguna la mania dell'estate 2016.
Il gioco. Lo scopo del gioco è semplice: l'obiettivo è catturare quanti più Pokémon possibili utilizzando il sistema Gps, la fotocamere e le mappe di Google Maps. Le famose creature del cartone animato sono infatti disseminate in ogni Comune (ma non ancora a Venezia) ammassate in particolare dove l'utenza e la densità di abitanti è maggiore. Nella Bassa padovana ci si danna dunque doppiamente per riuscire a recuperare i Pokemon ben più facili da trovare a Padova e nella cintura urbana.
Il caso di Padova. Da giorni, la febbre da caccia ai Pokémon è, infatti, scoppiata a Padova.
A Este, ad esempio, la principale palestra (luoghi virtuali a cui si può accedere solo con un certo livello, contesi tra tre squadre a cui ogni giocatore deve iscriversi - rossa, gialla e blu -, e che coincidono con luoghi di particolare interesse storico, artistico o sociale) è la basilica delle Grazie, ma anche l'istituto Atestino e il monumento ai Caduti di viale Rimembranze, mentre il patronato di viale Fiume è ricco di PokeBalls (palle da lanciare addosso agli animali per catturarli, utilizzando la punta del dito sullo schermo del proprio telefono) e uova (che si schiudono solo percorrendo km a piedi o in bici). A Baone i PokeStops (dove sono concentrate appunto palle e uova) sono in chiesa (aggregazioni di giovani nei sagrati, dunque, in queste ore hanno tutto fuorché vocazioni spirituali), accanto alla Madonnina della piazza, al monumento dei Caduti, mentre a Montagnana basta passare per la piazza o attraverso Porta Padova e via San Francesco. Nella città medievale le palestre sono quelle della chiesetta di Sant'Antonio e Villa Pisani, mentre a Monselice il luogo clou in cui giocare a "Pokemon Go" è la stazione dei treni.
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