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I periti: «Sinopoli non è morto per le percosse»

Hanno risposto alle domande di pubblico ministero, difesa e parte civile. Sentenza a luglio

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I medici legali milanesi Carlo Bianchi Bosisio e Antonella Lazzari hanno illustrato nel pomeriggio di ieri la loro perizia sulle cause del decesso di Gabriele Sinopoli davanti al giudice Alberto Scaramuzza e alla presenza del pubblico ministero Stefano Buccini, del legale di parte civile, l’avvocato Emanuele Fragasso, e dei difensori dei sei imputati. Numerose sono state soprattutto le domande dell’avvocato Fragasso, supportato dal suo consulente, il quale, a differenza di quello del rappresentante dell’accusa, aveva sostenuto che c’era uno stretto nesso di causa tra le percosse subite dalla vittima e la sua morte, anche se avvenuta diciannove mesi dopo presso l’ospedale dell’Angelo. Proprio per questo l’avvocato Fragasso aveva chiesto che i sei indagati fossero condannati per omicidio preterintenzionale. I due periti hanno sostanzialmente confermato che il decesso di Sinopoli è avvenuto a causa del suo grave stato di salute, visto che in precedenza era stato vittima di numerose patologie. Hanno escluso che le percosse siano stata la causa della morte così come hanno escluso responsabilità dei medici che l’hanno avuto in cura presso l’ospedale di Mestre.

Nella prossima udienza di luglio il giudice chiederà alle parti di concludere e poi toccherà a lui emettere la sentenza. Il pubblico ministero, prima della decisione del magistrato di far compiere la perizia, aveva già chiesto per ognuno degli indagati sei anni di reclusione per legioni volontarie. Sul banco degli imputati ci sono il 24enne Giuseppe De Simone, Marco Seibessi (32 anni), Sebastian Troiani (29), Antonio Marigliano (21) e Andrea Campagna (27), tutti di Marghera, e Giuseppe Bartolo (32) di Zelarino. I fatti erano accaduti in via Verdi nella notte tra il 2 e il 3 settembre 2012. Sinopoli, che stava rientrando a casa in automobile con la sorella, era stato aggredito prima mentre era ancora alla guida, quindi nuovamente quando era sceso, davanti al suo garage.

Giorgio Cecchetti

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