Calatrava, ricorso contro l’assoluzione
Il procuratore della Corte dei Conti in Appello: chiede che l’archistar e tre dirigenti comunali risarciscano 3,8 milioni
di Roberta De Rossi
«La realizzazione del Quarto Ponte sul Canal Grande ha comportato un oggettivo e sconsiderato aumento di costi rispetto agli oneri inizialmente preventivati - totalmente disattesi - e che in aggiunta comporterà per il futuro un costante e spropositato esborso economico da parte dell’amministrazione, in quanto l’opera è affetta da una patologia cronica caratterizzata dalla necessità di un costante monitoraggio e dal continuo ricorso ad interventi non riconducibili all’ordinaria manutenzione».
Lo scrive il procuratore della Corte dei Conti, Carmine Scarano, nell’atto di appello della sentenza con la quale la Corte dei conti - un anno fa - ha assolto da qualsiasi responsabilità di danno erariale l’archistar Santiago Calatrava e i tre dirigenti del Comune che seguirono la complicata realizzazione del Ponte della Costituzione (gli ingegneri Roberto Casarin, Roberto Scibilia, Salvatore Vento). Il procuratore Scarano insiste e chiede il risarcimento di 3,8 milioni di euro: la parola passa ora ai giudici della Corte dei Conti d’Appello, a Roma.
Nell’impugnare la sentenza di assoluzione, il procuratore ricorre alla matita rossa nei confronti dei colleghi della Corte, criticati per aver scritto una sentenza «indiscutibilmente troppo lunga e prolissa» (399 pagine), una «palese sovrabbondanza....in violazione del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva, ripetutamente affermato dalla giurisdizione della Cassazione». Di più, Scarano affonda: «Ad avviso dello scrivente, la sentenza impugnata oltreché contraddittoria risulta affetta da strabismo giuridico».
A questo punto è d’obbligo un riassunto delle puntate precedenti.
Il Ponte della Costituzione è costato molto di più del previsto (11,6 milioni contro i 6,7 a bando) e per realizzarlo sono stati necessari 2052 giorni contro i 456 annunciati, ma - secondo i giudici della Corte, che hanno assolto gli “imputati” - ritardi e costi lievitati non erano stati dovuti a errori di progettazione dell'architetto Santiago Calatrava, quanto ad interventi di miglioria decisi dal Comune su un "prototipo status symbol". Nessun danno erariale per le casse pubbliche, aveva deciso il collegio.
Con il suo appello, invece, Scarano ribadisce quel che aveva sostenuto allora, ovvero che il Quarto ponte sul Canal Grande era stato un progetto segnato da «macroscopica approssimazione e diffusa incapacità sfociate in un imbarazzante quanto stupefacente insieme di errori riscontrabili tanto nelle fasi della progettazione ed esecuzione, quanto nella preliminare redazione del bando di gara». Per i giudici si era invece trattato di «lavorazioni aggiuntive riconducibili a circostanze non prevedibili e a finalità migliorative, quindi non a errori o carenze progettuali». Scarano ricorda anche i continui lavori di manutenzione e monitoraggio dovuti all’assestamento del ponte, alla rottura dei gradini in vetro (854 mila euro di sostituzioni, con un costo da aggiornare però agli interventi nel 2015). Ad allungare i tempi, anche il contenzioso su come abbattere le barriere architettoniche, finito poi con la decisione di realizzare l’ovovia, costata 2 milioni di euro e mai realmente entrata in funzione, per continue rotture. L’impianto “maledetto” è oggetto di un’altra inchiesta tuttora in corso. Nei giorni scorsi, il sindaco Brugnaro aveva annunciato: «Chiederemo alla Corte dei conti se possiamo toglierla». La richiesta non è ancora arrivata alla Corte, ma a domanda il procuratore risponde netto: «No».
I commenti dei lettori