Cocaina, altre venti perquisizioni in casa
Nel mirino i clienti degli albanesi che acquistavano da Violi. Inquirenti a caccia dei beni acquistati con i proventi dello spaccio
di Carlo Mion
Una ventina di perquisizioni a casa di piccoli spacciatori legati al gruppo della ’ndrangheta di Attilio Vittorio Violi sono state eseguite nelle ore successive agli arresti dai finanzieri che giovedì hanno sgominato il gruppo e sequestrato oltre un quintale di cocaina nascosta in un carico di frutta proveniente dal Sud America. Una delle perquisizioni è stata fatta a casa di un pregiudicato figlio di un boss della camorra. I controlli hanno riguardato clienti dei due fratelli albanesi che acquistavano la sostanza stupefacente da Violi. Questi clienti a loro volta diventavano spacciatori per potersi pagare la dose quotidiana.
Domani inizieranno gli interrogatori dei nove arrestati nell’operazione che ha sgominato un gruppo della ’ndrangheta presente nel Veneziano da almeno 20 anni. Un gruppo a cui i finanzieri del Gico, in un anno di indagini sono riusciti a sequestrare oltre quattro quintali di cocaina per un valore sul mercato di 13 milioni di euro.
Ora i militari sono impegnati nella ricerca dei beni sui quali hanno investito i soldi del traffico. Investimenti che naturalmente, in parte, sono stati fatti a Nordest.
La cocaina importata dal Sud America era nascosta tra prodotti tropicali e portata in Veneto e Lombardia dall’organizzazione della 'ndrangheta originaria dell'area jonica della provincia di Reggio Calabria. A scoprire il traffico e il gruppo è stata la Guardia di Finanza di Venezia, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura, nell'ambito dell'operazione “Picciotteria”, che ha portato all'arresto di nove persone e al sequestro di 400 chili di cocaina. Tra gli arrestati i due capi dell'organizzazione: Attilio Vittorio Violi, 52 anni, residente a Marcon, “santista” legato alla 'ndrangheta di Africo, e Santo Morabito, (52), specializzato nel tenere i contatti tra Calabria, Veneto e Lombardia. Le fiamme gialle hanno tra l'altro bloccato due fratelli albanesi, Gazmend Tahiray e Tahra Azem. Nel locale del primo, il ristorante La Lanterna di Venezia, gli inquirenti hanno trovato un chilo di cocaina e altrettanta marijuana pronta per lo spaccio. I finanzieri in tre anni di indagini hanno potuto documentare tre importazioni di cocaina purissima per un peso di circa 410 chili.
La droga partiva da Colombia e Costarica in nave, compiva una sosta “tecnica” in Spagna, arrivava a Livorno e veniva sdoganata nel porto di Venezia. «È una delle operazioni più importanti compiute negli ultimi anni» ha commentato il Procuratore aggiunto di Venezia Adelchi D'Ippolito «non solo per il quantitativo di cocaina sequestrato e per gli arresti ma anche per la particolare complessità». La droga era destinata in gran parte alla Lombardia. Nel veneziano veniva trattenuto il 30% di ogni carico. Il grado di purezza della sostanza era molto elevato. I trafficanti utilizzavano attività commerciali per coprire il loro vero business.
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