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Costi del tram, esposto di Zappalorto

Inviato alla Corte dei Conti per segnalare la grande disparità tra i lavori eseguiti a Mestre e quelli per l’arrivo a Venezia

di Roberta De Rossi
1 minuto di lettura

Un esposto alla Corte dei Conti sui costi per la realizzazione del tram di Mestre. Questa volta, a firmare la segnalazione non è un comitato di cittadini o un movimento politico, ma il commissario straordinario del Comune Vittorio Zappalorto, in persona.

Nei giorni scorsi, il direttore generale del Comune Marco Agostini si è incontrato con il procuratore Carmine Scarano e gli ha consegnato l’esposto.

A finire sotto la lente d’ingrandimento del commissario è stata la differenza di modalità di realizzazione e quindi di costi - stimati dall’amministrazione in più di un milione di euro a chilometro - tra gli interventi “pesanti” di posa dei binari della prima linea a Mestre e il cantiere molto più leggero della linea da San Giuliano verso Venezia. A Mestre - si ricorderà - per realizzare la piattaforma della “corsia rossa” lungo la quale corrono le vetture le strade vennero sventrate, con la necessità di spostare i sottoservizi. Un lavoro imponente che, se da un lato aveva comportato il contemporaneo rinnovo di parti di tubature ormai vetuste, dall’altro aveva creato un allungamento dei tempi e contenziosi con i commercianti delle aree investite dai cantieri.

In totale, le due linee del tram Venezia-Mestre - come da preventivo - sono costate complessivamenti 208 milioni di euro: di questi, 17 milioni il costo della tratta San Giuliano-piazzale Roma, mentre ne servirebbero altri 25 per il prolungamento a San Basilio da realizzare dal prossimo anno. A optare per un tram “a guida vincolata” era stata l’amministrazione comunale, a sovrintendere le opere è la società pubblica del Comune Pmv, mentre a realizzare i lavori - dopo aver vinto un appalto, indicando anche le modalità di realizzazione delle opere - è stata l'associazione temporanea di imprese della quale fanno parte anche Mantovani, Sacaim, Clea. Scelte che risalgono ai primi anni del 2000 e che potrebbero anche essere prescritte, ma certo la presenza di imprese - la Mantovani, appunto - rimaste coinvolte nell’inchiesta Mose (attraverso i vecchi amministratori come Piergiorgio Baita) ha spinto il commissario a passare la palla alla Procura della Corte dei Conti. Il procuratore Scarano ha affidato il fascicolo alla vice procuratore generale Mariapaola Daino, che già aveva avviato verifiche su altri esposti presentati dall’ex consigliere Boraso e dall’Ugl, dopo una serie di interruzioni di servizio legati alla rottura di un giunto della linea elettrica.

Di questi giorni, nuove tensioni: il presidente di Pmv Antonio Stifanelli ha fatto partire diffide contestando penali per 2 milioni di euro nei confronti dell’Ati, per il ritardo di un mese nella consegna del cantiere, quando la commissione ministeriale per collaudare l’opera era già in città. Senza documenti, collaudo e messa in di esercizio rinviati a giugno.

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