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«Illegittimo il referendum per formare i due comuni»

Il sottosegretario veneto agli Affari regionali: «Incompatibile con la legge Delrio. La nascita della città metropolitana impedisce ora di separare Mestre e Venezia»

di Francesco Furlan
2 minuti di lettura

VENEZIA. Un’iniziativa non solo «illegittima dal punto di vista procedurale» ma anche «miope dal punto di vista politico». Nel dibattito sul referendum per la separazione tra Venezia e Mestre, con la costituzione di due distinti comuni, entra il sottosegretario agli Affari regionali, Gianclaudio Bressa, bellunese, che ha sulla scrivania del suo ufficio romano il dossier Venezia.

«La legge Delrio, approvata lo scorso 7 aprile», sostiene il sottosegretario, «non solo stabilisce quali sono le città metropolitane, e tra queste c’è Venezia, ma anche regola il processo di costituzione delle città metropolitane, a partire dal comune capoluogo di Venezia, così come è adesso. Quindi è chiaro che non può una decisione regionale entrare in conflitto con una legge del governo».

Per Bressa, dal punto di vista normativo, non ci sono margini di dubbio perché «la legge Delrio, su temi come questi, annulla la potestà della Regione che non può, lo ripeto, entrare in conflitto con una norma dello stato». Per essere ancora più chiari: «La legge Delrio ha nei fatti sottratto alle Regioni, nell’ambito della città metropolitane, la competenza per modificare i confini dei comuni, anche quando sollevati dai comitati attraverso i referendum».

Perché - è la tesi - la Città metropolitana dovrà essere costituita, attraverso la convocazione della conferenza metropolitana chiamata ad approvarne lo statuto, a partire dal comune capoluogo di Venezia, così come è adesso, cioè comprensivo del centro storico e della terraferma. Un percorso illegittimo dunque - anche se l’iter per il referendum con la raccolta delle firme è iniziato prima dell’approvazione della legge Delrio - e che «il commissario prefettizio che sta guidando il Comune, avrebbe il dovere di segnalare al ministero dell’Interno qualora la Regione volesse sostenerlo. Senza contare che sarebbe uno spreco di denaro indire il referendum dal momento che l’esito sarà illegittimo».

E ai promotori del referendum, convinti che i dubbi sulla legittimità siano sollevati appositamente per screditare l’iniziativa, replica secco: «A parte il fatto che come tutti sanno la separazione è già stata bocciata dagli elettori per quattro volte, resta il fatto che siamo in uno stato di diritto, e sul fatto che la legge Delrio sia preminente rispetto alle decisioni regionali non ci sono dubbi».

C’è poi, certo, il giudizio di tipo politico. «I problemi sollevati da chi promuove il referendum possono essere risolti nell’ambito della Città metropolitana, un governo di secondo livello, sul modello di Parigi, che deve essere sperimentato fino in fondo. Vediamo come va, nei primi due-tre anni. Poi è facoltà della Città metropolitana, con l’obiettivo di arrivare all’elezione diretta del sindaco metropolitano, prevedere la divisione del comune capoluogo. Ma a quel punto non avrebbe senso creare un Comune del centro storico, con 50 mila abitanti, e uno della terraferma, con oltre 200 mila. A quel punto bisognerebbe prevedere ulteriori comuni, per creare una situazione di equilibrio a livello provinciale».

Un’ipotesi che però non appassiona Bressa, perché «la vera sfida politica non sarà quella di dividere Venezia, ma allargare il governo della città metropolitana a Treviso e Padova, perché questa è la vera area metropolitana del Veneto. Però, prima di tutto, credo che la costituzione della città metropolitana rappresenti una grande occasione per la città e tutti i comuni coinvolti nel progetto».

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