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Tangenti Mose, bagarre in consiglio comunale nella prima senza Orsoni

Urla dei manifestanti, tensione con Caccia. Parla Simionato: «Lavoreremo finché ci saranno le condizioni in città». Via libera della maggioranza fino all’approvazione del bilancio

di Alberto Vitucci
2 minuti di lettura

VENEZIA. Si approva il bilancio. Tempo massimo, un mese. Poi il Consiglio potrà essere sciolto. Nel marasma più totale, proteste in aula e accuse reciproche, il primo Consiglio comunale dopo l’arresto del sindaco Orsoni sceglie alla fine una strada di compromesso. Niente dimissioni immediate, come chiedevano i più arrabbiati e molti tra le opposizioni. Anche se la strada dell’amministrazione è ormai segnata.

Il clamoroso arresto del suo sindaco, indipendetemente dalle responsabilità penali che dovranno essere accertate, ha posto con qualche mese di anticipo la parola fine al governo cittadino. Hai voglia a ricordare, come ha fatto il vicesindaco, le «scelte strategiche che aspettano decisioni». Il bilancio, la riconversione di Marghera, l’Arsenale, le grandi navi, In queste ore la delegittimazione è dipinta sui volti di assessori e consiglieri. Ma nonostante i toni esasperati, lo strappo ieri non c’è stato. Anche il grillino Gianluigi Placella, dopo una lunga requisitoria contro la corruzione e la giunta, alla fine apre uno spiraglio: «Se ci saranno le condizioni, noi non ci opporremo all’approvazione del bilancio». In apertura di seduta, il presidente del Consiglio comunale Roberto Turetta, prova a stemperare la tensione. «Un applauso per i nostri ragazzi vincitori del Palio delle Repubbliche marinare!», attacca. Il pubblico urla e mostra cartelli minacciosi. Il vicesindaco Sandro Simionato – per la prima volta in aula con la carica di sindaco facente funzioni – illustra la linea della maggioranza. Un accordo preso in giunta e tra i capigruppo, a prova di fratture e di polemiche. Parla solo lui. «Chiederemo alla città la sua opinione, quale sia la strada migliore nell’interesse di Venezia», attacca, «lavoreremo con serietà e impegno finché ci saranno le condizioni. Pronti a ridare ai cittadini la libertà di scegliere attraverso il voto». Seduta sospesa quasi subito. Una cinquantina di persone strilla e chiede «dimissioni subito». Sono in maggioranza motoscafisti, ex forconi, comitati e associazioni di destra. Simionato parla di un« «città profondamente ferita, che sta subendo ingiustamente un’esposizone mediatica a livello mondiale». L’arresto del sindaco fa più notizia di quello di ex presidenti di Forza Italia, ex ministri e funzionari. Anche se la sua accusa è quella di finanziamento illecito e non di corruzione.

«Ci auguriamo che dimostri la sua estraneità ai fatti», scandisce Simionato, «da un’accusa grave che però nulla ha a che vedere con il criminale sistema costruito intorno al Mose. Questa amministrazione è estranea ai fatti del Mose, ha sempre contestato il Mose e il sistema della concessione unica, le risorse destinate solo alla grande opera sottraendole alla manutenzione della città. Fuoco di fila dalle oppposizioni. Prudente il Pd. «Abbiamo delegato al nostro segretario comunale», dice il consigliere renziano Jacopo Molina, «ogni decisione sul nostro futuro. Se non ci saranno le condizioni per approvare il bilancio in tempi brevissimi siamo pronti ad andare a casa. Provo dolore per questa vicenda ma finalmente è stato svelato il sistema Venezia». Il segretario Emanuele Rosteghin conferma. Ieri sera ha riunito la direzione. E l’orientamento è quello di restare il meno possibile sulla graticola, comunque vada la vicenda Orsoni. Ieri sera si è riunita la direzione del partito. L’8 luglio arriva in laguna Matteo Renzi, a inaugurare il convegno sulla tecnolcogìa digitale all’isola di San Giorgio. La parola d’ordine è accelerare il cambiamento. E girare pagina. Lo sanno anche i «vecchi» consiglieri, come Maurizio Baratello e Giampietro Capogrosso. La tentazione di andarsene è grande. «Ma metteremmo a rischio welfare», dice Baratello, «e il recupero di Marghera». Il vento scuote le bandiere al davanzale e la bandiera di San Marco esposta anche di fronte, a casa del sindaco agli arresti. E il Comune, più che mai, sembra ora in balìa del vento

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