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Il “re del prosciutto” Bonazza a giudizio per estorsione e usura

L’imprenditore mestrino, titolare dell’omonimo salumificio di Tessera accusato da un collega: secondo la Finanza avrebbe ottenuto la sua villa a un terzo del valore e scontato cambiali al 40% annuo

di Giorgio Cecchetti
1 minuto di lettura

MESTRE. Uno dei maggiori imprenditori mestrini, il 73enne Angelo Bonazza, ieri è stato rinviato a giudizio per usura ed estorsione dal giudice dell'udienza preliminare Massimo Vicinanza e sarà processato dal Tribunale lagunare il prossimo 10 novembre. Bonazza è il titolare dell'omonimo salumificio di Ca'Noghera e da qualche tempo ha asquisito anche l'importante azienda di Ponzano , in provincia di Treviso, e quella storica in provincia di Belluno, di Perarolo, dove produce lo speck del Cadore.

A denunciare Bonazza è stato un altro imprenditore, Luca Barbiero, titolare della di Casale sul Sile: i fatti risalgono al 2008. Sulla base della denuncia di Barbiero, la Guardia di finanza ha compiuto gli accertamenti. L'indagato è difeso dall'avvocato Piero Barolo, mentre parte civile è l' avvocato Luigi Ravagnan. La ditta di Barbiero si trovava in cattive acque e l'imprendiutore aveva chiesto un prestito a Bonazza, che dopo averglielo concesso aveva preteso in cambio una partita di piante per un valore di 750 mila euro, piante cedute alla di Ca'Noghera al prezzo dichiarato di 200 mila euro. Non contento, Bonazza avrebbe Barbiero a cedergli la sua villa a Casale sul Sile per 450 mila euro, mentre una stima ne aveva valutato il valore in poco più di 900 mila euro. In realtà, all'imprenditore trevigiano non sarebbero nemmeno stati consegnti 450 mila euro, bensì 312 mila, addirittura un terzo del valore reale dell'immobile in cui abitava con la famiglia. All'imputato è stato contestato anche il cambio di assegni e lo sconto di cambiali a un tasso d'interesse del 10 per cento a trimestre (40 per cento annuo) .

Infine, Bonazza viene accusato di un altro episodio di usura compiuto sempre attraverso alcuni assegni. L'accusa di estorsione viene mossa perchè l'imprenditore avrebbe minacciato più volte Barbiero e la moglie per ottenere la restituzione del denaro prestato e degli interessi nel frattempo maturati. Avrebbe anche minacciato di mettere all'incasso gli assegni che Barbiero gli aveva consegnato come garanzia del prestito: trattandosi di titoli scoperti per Barbiero avrebbe significato un procedimento penale e la definitiva chiusura dei rubinetti del credito bancario. E ancora: avrebbe minacciato di cacciare dalla villa l'anziana coppia, che aveva continuato ad abitare nella residenza ormai passata nelle mani dell'imputato.

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