Grande caldo: il racconto di una domenica rovente, Venezia boccheggia
Oltre 35 gradi (37 quelli percepiti) e 80% di umidità. Veneziani in fuga al mare e turisti stravolti in bermuda e infradito
di Manuela Pivato
VENEZIA. La domenica più calda dell’estate si è svegliata con una leggera foschia e si è congedata con 35 gradi all’ombra, ovvero sotto una canicola costante, implacabile e democratica che per l’intera giornata ha fatto sudare e sbuffare veneziani e turisti, tutti in cerca di filo d’aria, di un gelato, un cubetto di ghiaccio, una qualsiasi cosa che facesse scendere la temperatura corporea.
I 35,4 gradi toccati ieri alle 17, con umidità dell’80 per cento che provoca una percezione di 37, hanno visto boccheggiare il centro storico e diventare bollente persino il mare del Lido, dove hanno cercato rifugio i veneziani, e l’acqua poco invitante del Canal Grande, che agli occhi dei foresti è sembrata invece un miraggio nel quale immergere braccia e piedi, così, tra alghe e l’ultima vagonata di pesciolini morti.
Tecnicamente si chiama «allarme climatico per disagio fisico», segnalato da Arpav e Protezione civile che mettono in guardia: Venezia – come mezza Italia – ha il bollino rosso, vaneggia, si disidrata, quindi se potete restate a casa, accendete l’aria condizionata senza esagare, bevete acqua, tisane, tè alla menta, spremute, evitate l’abbacchio e aspettate.
L’orda di turisti in bermuda e infradito che anche ieri ha preso d’assalto il centro storico, tuttavia, non ha potuto far nulla di tutto ciò. Non dispondendo di una salotto nel quale chiudersi abbracciati al condizionatore, nè di un divano su quale schiantarsi in attesa di sera, hanno vagato gli uni appicciati agli altri, pigiandosi sui vaporetti, pestandosi le vesciche, seguendo stralunati le guide, attaccati a bottigliette di acqua minerale che hanno raggiunto i 2 euro cadauna, armandosi di ombrellini come i giapponesi (16 euro quelli di pizzo in vendita alle edicole) e occupando ogni cono d’ombra, ogni gradino di chiesa, ogni centimetro quadrato di Procuratie, le panchine dei Giardinetti reali, degli approdi dell’Actv, dei campi, ovunque ci fosse un attimo di tregua a un solleone che arriva ogni agosto ma che ogni agosto sembra meno sopportabile degli altri.
Il gigantesco phon che sembra acceso sulla laguna ha trasformato i negozi e i supermercati in isole felici nei quali trovare rifugio e conforto, e reso particolarmente attrattivi i musei dove, con il biglietto d’ingresso, erano garantiti anche i 24 gradi dell’aria condizionata.
Più complessa la salita al campanile di San Marco in cima al quale la temperatura sfiorava i 40 gradi, da sopportare in silenzio dopo aver rischiato di sciogliersi durante l’attesa sui masegni roventi della Piazza. I turisti più accorti (anche se di discutibile eleganza) si sono armati di cappelli con ombrellino incorporato in moda da aver la mano sinistra libera per sventagliarsi e la destra per bere a canna. I meno formali hanno semplicemente ridotto ai minimi termini l’abbigliamento trascinandosi tra le calli in canotta e shorts. Qualcuno, pensando che fosse un bar, si è presentato in tenuta da spiaggia all’Harry’s bar ma ha dovuto riparare altrove. Oggi si replica e domani sarà ancora peggio.
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