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La potenza del “metodo Brancaleoni”

Maneggiava milioni di euro l’anno, decideva l’ammontare dei finanziamenti, stabiliva le urgenze. E alla fine incassava

di Carlo Mion
1 minuto di lettura

MESTRE. In cinque anni l’architetto Marco Brancaleoni era diventato una potenza. Aveva diritto di “vita o di morte” sui finanziamenti garantiti dalla Regione per il restauro delle nobili residenze settecentesche che sono censite nel catalogo dell’Istituto Regionale Ville Venete. Lui poteva destinare più o meno soldi al restauro, dare precedenza a questo a quel restauro e quindi le urgenze le stabiliva lui.

Maneggiava, senza tanti controlli da parte di chi in teoria lo doveva fare, milioni di euro all’anno. Capito che potere aveva, lo ha monetizzato. E sembra strano che altri non abbiano infilato le mani nel vaso di miele che è l’ufficio diretto da Brancaleoni.

Mazzette sui restauri delle ville venete: è il nuovo filone della corruzione nella pubblica amministrazione scoperto dalla Guardia di Finanza e dalla Procura di Venezia. Una nuova indagine aperta con l’arrivo del Procuratore capo Luigi Del Pino.

Una “tangentopoli” di nicchia quella messa in piedi da Brancaleoni. Ogni anno l’Istituto Regionale Ville Venete, creato con legge regionale per salvaguardare il patrimonio di residente storiche del Veneto, porta a buon fine circa 40 pratiche di finanziamento, sulla base di una graduatoria che il funzionario, arrestato ieri, permetteva di “aggirare”. L’istituto, attraverso l’ufficio dell’architetto, concede denaro a fondo perduto (con un tetto di 350 mila euro) o in conto interesse (in questo caso fino a 1 milione e mezzo di euro). Cifre che l’indagine della Guardia di Finanza ha dimostrato essere relative viste che con il “metodo Brancaleoni” cambiavano senza che nessuno se ne accorgesse.

Quindi un restauro reale da 300mila euro poteva passare, dopo l’intervento di Brancaleoni, a 330mila e a fondo perduto. I finanziamenti, grazie all’uso di documenti falsi o non riguardanti la pratica, potevano superare del 30% quelli realmente dovuti. Questo avveniva perché lo stesso funzionario cambiava le relazioni tecniche dei professionisti nominati dai proprietari delle ville o con la complicità degli stessi liberi professionisti o di quella di impresari complici che emettevano fatture false o relative ad altri lavori per far lievitare i costi da finanziare.

Quindi lui passava all’incasso: 5mila euro pagati a rate in base all’avanzamento lavori. I proprietari guadagnavano nell’accedere a mutui con tassi agevolati o a fondo perduto anche se non avevano tutti i titoli per farlo. O magari ottenevano più finanziamenti agevolati rispetto a quanti potevano ottenere in base alla legge.

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