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Coronavirus a Venezia, riaprono 535 artigiani: «Ma siamo senza liquidità»

Per Confartigianato è un numero modesto e preoccupante: un'azienda su due è ancora chiusa, in totale le piccole imprese veneziane operative ora sono poco più di 8.500

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MESTRE. «L’allentamento delle misure per l’emergenza sanitaria previsto dal Decreto dell Presidenza del Consiglio il 10 aprile scorso avrà un modesto effetto per le aziende artigiane» visto che il «54 % delle aziende continueranno a restare chiuse», mentre quelle aperte «faticano a trovare le dotazioni di sicurezza».

Lo dicono i numeri elaborati dal Centro Studi della Confartigianato che rilevano, rispetto il precedente decreto in vigore, la riapertura in questa settimana di sole 535 imprese artigiane in più. «Nel dettaglio» spiega Confartigianato «potranno aprire un ulteriore 6,7% di aziende in più, che passeranno dalle 8.019 contate in base ai precedenti decreti alle 8.554 attuali, su un totale di 18.682 imprese veneziane».

«Parlare di ripartenza o di accenno alla ripartenza è fuorviante», sottolinea il presidente della Confartigianato di Venezia, Salvatore Mazzocca, «La situazione è ancora in stallo; le imprese da mesi non fatturano, non incassano, non hanno liquidità per approvvigionare i magazzini, per affrontare le scadenze, pagare i fornitori e i dipendenti che debbono rientrare al lavoro».

A tutti questi problemi si somma «la lentezza del nostro sistema bancario che non sta dando risposte alle esigenze di liquidità delle imprese, nemmeno sul meccanismo di soglia dei 25 mila euro garantiti al 100% dallo Stato che, come prevede il decreto, dovrebbero essere erogati a semplice richiesta; in Svizzera, ad esempio, si può compilare un modello reperibile on-line e in 24/48 ore la banca eroga. Inoltre, difficilmente ci sarà una ripresa immediata del lavoro da parte della committenza. Le micro, piccole e medie imprese si troveranno con la sola sicurezza delle spese di gestione, senza avere liquidità, con le misure di una portata mai vista prima promesse dal Governo che tardano tragicamente a concretizzarsi».

«Anzi, le piccole imprese avranno qualche problema in più», aggiunge Mazzocca, «per chi apre sarà fondamentale gestire la sicurezza sanitaria in tutti i settori e nei modi adeguati, dai centri benessere ai cantieri edili, ma reperire mascherine e guanti a prezzi non da ladri, è ancora un grave problema. Dovendo convivere con questi protocolli sanitari per un lungo periodo, tutti gli strumenti di protezione individuale dovrebbero passare sotto il regime di monopolio e controllo diretto dello Stato, perché davanti al Covid-19 questi strumenti sono beni di primissima necessità per la salute pubblica. Soprattutto ora, se si comincerà con una graduale riapertura di tutto il sistema produttivo, sarebbe opportuno anche garantire la possibilità dell’autocontrollo all'artigiano, facilitando la procedura dei tamponi».

L’ultimo Decreto del Governo resta, comunque «fondamentale» per tre settori a grande prevalenza artigiana; l’Edilizia, dove le 607 aziende aperte diventeranno 806 sulle 5.914 del territorio metropolitano, mentre gli addetti operativi passeranno da 2.091 a 2.471 sui 11.544 che lavorano nell’intero comparto. Riaperture anche nel settore Legno, dove le 14 aziende aperte ante ultimo decreto diventeranno 346 su un totale di 554, e gli addetti operativi passeranno da 50 a 1.009 sui 1.685 impiegati nel settore. Un timido riavvio – secondo Confartigianato – si annuncia anche nella Meccanica dove dalle 435 attività operative si passerà a 438 sulle totali 1.579, mentre gli addetti impegnati passeranno da 1.272 a 1.282 sui 5.961 totali. Per il resto nel settore Artistico sono aperte 3 aziende su 682, nel Benessere (acconciatori, estetica, ottici, ecc) 224 su 2.043, nella Moda 159 su 909 e nel Terziario 37 su 189.

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