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Hopin, lo smart working fatto bene funziona

Hopin, lo smart working fatto bene funziona
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Esattamente un anno fa, con il decreto #iorestoacasa, abbiamo scoperto lo smart working. Prima era una pratica di nicchia, che molti consideravano riservata ai fannulloni; poi è diventata una necessità e si è capito che di solito chi lavorava in ufficio ha continuato a lavorare da casa, motivo per cui qualche azienda, tipo Twitter, ha annunciato che lo smart working da loro durerà per sempre.

Nel febbraio del 2020 la scelta che aveva davanti Johnny Boufarhat era diversa: stava per lanciare la sua startup e non aveva ancora una sede e nemmeno dipendenti: così ha scelto di fondare un'azienda basata sul “remote working”, in cui ciascuno lavora da dove gli pare e quando gli pare. Un anno dopo Hopin - una piattaforma per eventi digitali dal vivo - è diventata la startup di più grande successo della storia delle startup: nessuna, nemmeno Facebook e Google o Amazon, è passata in un anno dal valere “zero” ad una valutazione di oltre due miliardi di dollari. E i suoi 411 dipendenti, assunti in fretta e furia durante la pandemia, lavorano in 38 paesi, essenzialmente dove vogliono: qualcuno dal cucuzzolo di una montagna, un’altra da un bar di Bali (lo sappiamo perché postano le foto sul sito).

Dice Boufarhat: “Se vogliono passare il prossimo anno in Costa Rica o in Colorado non mi riguarda, basta che centrino gli obiettivi”. Quando uno viene assunto ad Hopin riceve 800 dollari per trasformare la propria abitazione in un ufficio, ferie illimitate, orario flessibile e nessuna sede di lavoro assegnata. Ovviamente dietro questa scelta c’è la filosofia estrema delle startup per cui non lavori dalle 9 alle 5 perché lavori sempre, ed hai vacanze illimitate perché potresti non andarci mai. Ma quello che interessa davvero dell’esperimento di Hopin è il fatto che lo smart working fatto bene funziona: dare fiducia e strumenti di lavoro ai dipendenti non porta ad un calo della produttività, ma il contrario. Mentre da noi lo chiamano smart working ma poi ti inchiodano all’orario di ufficio e ti tengono tutto il giorno in video riunioni per paura che faccia altro.