“Fra 30 anni non avremo più auto di proprietà. Ci muoveremo su robo-taxi che ci porteranno ovunque. Piccoli, elettrici, sicuri. Nessuno si metterà più in pericolo guidando un veicolo. I nostri nipoti forse nemmeno prenderanno la patente. Avremo più tempo libero, meno inquinamento. Avremo città a misura di pedoni e di biciclette elettriche. E sono felice di fare la mia piccola parte”: Sergio Savaresi, professore al dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, non ha dubbi.
Entro 30 anni questa sarà la next-big-thing. L’auto a guida completamente autonoma sarà la tecnologia disruptive che cambierà completamente il mondo delle auto. Savaresi ha fondato uno dei più grandi ed evoluti gruppi di ricerca sull’automazione dei veicoli al mondo. Con 100 persone, tra docenti, ingegneri e ricercatori, analizza dati, programma intelligenze artificiali, algoritmi, software e sensori che metterà alla guida di un’auto.
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Al CES di Las Vegas, a gennaio 2022, ha vinto la Indy Autonomous Challenge, la prima competizione di auto da corsa che si guidano da sole, senza pilota: “È un risultato storico per lo sviluppo e il futuro delle macchine a guida autonoma”. Ad aprile, la Nasa gli ha concesso di usare l’ex pista di atterraggio dello shuttle a Cape Canaveral per stabilire un nuovo record assoluto di velocità per auto autonoma. La sua macchina ha raggiunto i 310 km/h: “Non è uno show. Lo facciamo per imparare e per poi trasferire quello che impariamo nel mondo dell’auto di serie”.
Intervistare Savaresi è come fare un viaggio nel futuro e vedere il posto in cui vivremo fra 20 o forse 30 anni: “Stiamo lavorando per un mondo più bello, con meno auto in circolazione e parcheggiate sui marciapiedi. E non avverrà grazie all’elettrico. Ciò che cambierà davvero lo scenario in cui vivremo sono due altri fattori. Il primo è il passaggio da una mobilità basata su un’auto di proprietà a una mobilità basata su auto condivise. Si chiama Mobility as a Service. Sarà una sorta di trasporto pubblico. Simile al car sharing che già conosciamo nelle grandi città, ma che ancora non funziona bene, perché costa troppo e la sua diffusione non è così capillare”.
Ancora: “Questo passaggio sarà favorito e catalizzato dalla tecnologia dell’auto a guida autonoma. Gireremo su robo-taxi che ci verranno a prendere sotto casa e ci porteranno ovunque. Sarà più economico di una corsa in taxi e con rischio di incidenti quasi nullo. L’auto senza guidatore non si distrae, non guida in stato di ebbrezza, non vede solo da una parte come fa l’occhio umano, ha tempi di reazione immediati. Queste macchine non saranno mai ferme nei parcheggi, ma continueranno a muoversi. Eppure in giro ci sarà un decimo delle auto che ci sono oggi”.

Partiamo dai dati: “Sulle nostre strade oggi girano 40 milioni di auto. Nel 95% dei casi è un utilizzo funzionale: uso l’auto perché mi serve per andare al lavoro o per andare al mare. In tutti questi casi useremo auto guidate da robot. Rimarrà una nicchia di auto emozionali: qualcuno comprerà e noleggerà un’auto per piacere, non solo Ferrari o Lamborghini, ma magari anche una 500 Abarth con cui fare un giro in pista”.
Solo quando si realizzerà la “mobilità a servizio”, allora si potrà passare all’auto elettrica, che non è particolarmente adatta per l’uso privato. Ancora una volta, sono i dati a dire perché: “Ogni giorno in macchina facciamo una media di 50 chilometri. Ma cerchiamo auto con una batteria da 500 km che non useremo mai e che non sappiamo dove caricare. Solo il 20-25% delle auto private si presta veramente per essere elettrica (risultato estrapolato dai dati di UnipolTech)”. Ancora: “Con l’auto senza pilota si diffonderà il Mobility as a Service e solo a quel punto arriverà l’elettrificazione di massa. Per completare questo ciclo serviranno dai 20 ai 30 anni. In alcuni luoghi questa rivoluzione avverrà prima, in altri dopo. C’è chi spinge per accelerare, chi per frenare. Dietro ci sono interessi enormi, perché c’è chi vince e c’è chi perde”.
Elon Musk diceva che l’auto completamente autonoma sarebbe arrivata nel 2020: “Quest’anno mi ha detto che si sono sbagliati e sono stati troppo ottimisti. A sentire lui, in 2 anni l’avremo. Altri dicono che serviranno 10-15 anni. La verità è che nessuno lo sa”. Questo perché “in mezzo ci sono anche aspetti di regolamentazione: alcuni Paesi potrebbero decidere di accelerare e favorire in maniera più spiccia l’adozione di questa tecnologia prendendo qualche rischio. Altri potrebbero rallentare. Ci potrebbe essere un’accettazione più o meno rapida, da parte della popolazione”.
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Grande esperto in materia, Savaresi ha unito le sue passioni: quella per i veicoli e per quella per l’automazione e sta scrivendo un capitolo importante nello sviluppo della guida autonoma. Due lauree (la prima in Ingegneria elettronica, la seconda in Matematica), un dottorato in Ingegneria dell’automazione, esperienze di consulenza in McKinsey, poi una rapida carriera accademica: è diventato professore ordinario a 36 anni. Si occupa di trasferimento tecnologico indiretto (ossia collabora con grandi aziende come Ferrari, Lamborghini, Maserati, Dallara, Ducati, Brembo, Pirelli e altre) e diretto, cioè crea innovazioni e brevetti che poi diventano imprese. Con il suo team ha costruito un motore elettrico per bici che si autoricarica, da cui è nata un’impresa, Zehus, ormai da anni presente sul mercato delle ebike. Ancora: Blubrake, un ABS per ebike, e anche Yape, un robot fattorino che è già in sperimentazione sulle strade di Milano.
“In questo settore si stanno muovendo digital player come Google, Apple, Samsung, Sony, Huawei e tanti altri, perché è una tecnologia fatta di algoritmi, software, sensori, elettronica”. E quale sarà il futuro di moto e biciclette? “La moto è oggi in larga parte un oggetto entertainment ed emozionale, e resterà tale. Si presta poco alla condivisione e all’automazione. Si sta lavorando soprattutto per usare le tecnologie della automazione per aumentarne la sicurezza, vero limite che ancora ha questo bellissimo tipo di veicolo”. Il mondo delle biciclette elettriche, invece, è quello che vedrà maggiori prospettive di crescita: “Oggetti pregiati, costosi, che hanno superato da anni le moto nelle vendite e continueranno così. In questo nuovo mondo ci sarà più spazio per quella che viene chiamata la mobilità attiva o la mobilità dolce: mescola il bassissimo impatto ambientale con un po’ di attività fisica”.
Quanto ai giovani innovatori, questo il consiglio di Savaresi per loro: “Si può fare innovazione in tante direzioni, ma ciò che conta è fare sempre la cosa giusta. Dobbiamo fare tutti la nostra piccola parte per contribuire a rendere il mondo un posto migliore. Difficoltà, delusioni e problemi cercheranno di fermarci, ma quando si punta al bene di tutti e non solo a un interesse economico si trova la motivazione per superarli. E scrivere un pezzettino di storia è un’enorme soddisfazione”.