Se c’è un giorno preciso in cui la stella di Guglielmo Marconi ha iniziato a brillare, quel giorno è il 12 dicembre 1896. Quel giorno a Londra, a Toynbee Hall, il giovane italiano (aveva appena 22 anni) conquista una platea di esperti e appassionati convocati da William Henry Preece, che era l’ingegnere capo dell’ufficio postale britannico.
La sala era stracolma: in programma c’era una presentazione intitolata Telegraphy Without Wires: Marconi era arrivato a Londra qualche mese prima, aveva lasciato l’Italia deluso dal fatto che il ministro delle Poste italiano, cui aveva scritto una missiva per spiegare l’importante scoperta che pensava di avere fatto, non gli avesse risposto. Tramite la madre, che era irlandese, si era fatto presentare l’ambasciatore italiano a Londra e aveva fatto domanda di brevetto lì, ottenendolo subito. A Londra fu tutto molto veloce. Conobbe Preece, fece alcune dimostrazioni private del telegrafo senza fili e infine il 12 dicembre il primo evento pubblico: “Preece aveva intuito il valore del telegrafo senza fili per sostituire il sistema con i fili usato dalle Poste britanniche. La stanza era stata preparata con cura prima. Marconi stava al trasmettitore, Preece portava in giro la scatola con il ricevitore dimostrando che non c’erano fili nascosti, eppure una campanella del ricevitore suonava ogni volta che Marconi mandava il segnale”. Fu un trionfo, il pubblico presente era strabiliato e nei giorni seguenti i giornali esaltarono il giovane italiano.
Per uno strano destino, cinque anni esatti più tardi, il 12 dicembre 1901, Marconi, ormai affermato e a capo di una azienda che portava il suo nome, manderà il primo segnale attraverso l’oceano Atlantico, dalla Cornovaglia a Newfoundland, in Canada. E poi arriverà il premio Nobel.