La disinformazione sul Covid in Europa avrebbe una corsia preferenziale, almeno su Facebook. A sostenerlo, l’ultimo rapporto dell'organizzazione non governativa Avaaz che si è spesso scagliata contro la gestione dei contenuti da parte dei social network. Stavolta emergerebbe una netta disparità fra gli interventi per bloccare le bufale sulla pandemia negli Stati Uniti e quelli invece avvenuti in altri Paesi come l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Francia. Il tutto, ed è bene tenerlo presente, mentre i commissari europei V?ra Jourová e Thierry Breton, rispettivamente Valori e trasparenza e Mercato interno, stanno lavorando sulle nuove linee guida del codice di buone pratiche sulla disinformazione che verranno imposte ai colossi del Web.
In dettaglio sono stati analizzate 23 differenti tesi del tutto fasulle in 135 post che sono stati visualizzati da milioni di persone. La più ardita, apparsa il 3 gennaio, sosteneva che Bill Gates si fosse convinto che i vaccini avessero già provocato la morte di 700mila persone. Un’altra affermava che diversi dottori erano certi che i vaccini alterassero il dna, un’altra ancora che l’obbligo della mascherina fosse dovuto dall’acquisto in massa da parte degli Stati nei mesi precedenti e che ci fosse la necessità di smaltire le scorte.
Ma che l’intelligenza artificiale (Ai) sia più abile sull’inglese non è una scoperta di oggi. Gli algoritmi, compresi quelli di Facebook, sono addestrati in primo luogo su quella lingua per la quale esistono molti più testi. E questo significa che negli idiomi meno conosciuti dalla Ai è molto più semplice aggirare le linee di difesa magari cambiando alcune frasi, lasciando sottintesi certi termini e via discorrendo.