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Carles Lloret: "Uber pronta a cambiare ma non teme i giudici"

Carles Lloret, responsabile per il Sud  Europa di Uber
Carles Lloret, responsabile per il Sud Europa di Uber
 
Il responsabile per il Sud Europa: "Il modello americano qui non sta funzionando. Si possono studiare degli ammortizzatori per compensare le licenze comprate a caro prezzo"
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ROMA. L'appuntamento è per il 5 di maggio al Tribunale di Roma. Quel giorno si inizierà a discutere la sorte di Uber in Italia. Un'avventura difficile quella della compagnia americana qui da noi. Cominciata nel marzo del 2013 a Milano, sarebbe dovuta finire oggi un minuto dalla mezzanotte. Ma venerdì è stata decisa la sospensiva dell'ordinanza in attesa dell'appello e fino ad allora Uber potrà continuare ad operare. Mentre la politica tace, o al massimo sussurra, e si viene a sapere dell'ennesimo rosso nel bilancio di questa compagnia (2,8 miliardi contro 6,5 miliardi di ricavi) che investe tutto nella sua espansione, non è detto che alla fine di questa storia Uber ed altre app simili potranno proseguire sulla loro strada. Almeno nel nostro Paese.

"E' un paradosso: un Paese con un flusso turistico importante che annega nel traffico e che ha scelto di non risolvere il problema per difendere gli interessi di pochi colpendo la qualità della vita di tutti". Così Carles Lloret, spagnolo di 34 anni a capo di Uber per il Sud Europa, Italia compresa.

E' successo anche a Barcellona.
"Ma lì è previsto un aumento delle licenze. E noi lanceremo nei prossimi mesi il nostro servizio. L'Italia rischia di rimanere indietro".

La sua compagnia è stata spesso accusata di infischiarsene delle regole.
"Nell'ultimo anno Uber, soprattutto in Europa, è cambiata molto. Gli stop del passato alle nostre attività sono dovuti ad un nostro sbaglio: il voler applicare lo schema degli Stati Uniti. Abbiamo commesso degli errori, ma ora in Spagna come in Italia stiamo lavorando per svolgere le nostre attività con autisti dotati di licenza. Ed è lo stesso in Francia. Eppure succede ancora che ci siano delle corti di giustizia e non il governo, che prendono decisioni in merito. Il decreto Milleproroghe stabilisce chiaramente che non è necessario rientrare in garage. Non mi sembra che sia Uber quella che merita l'accusa di essere poco ortodossa".

Il 5 maggio potrebbero fermarvi.
"Cercheremo una nuova strada per tornare sul mercato. Il settore della mobilità deve evolvere. Sono gli stessi cittadini che lo chiedono. Non si tratta solo di Uber. Si tratta di abbracciare nuovi modelli, aumentare la competitività, ridurre traffico, inquinamento e costi. In Portogallo il governo non si è fatto ricattare. Stesso discorso in Spagna. L'Italia deve decidere se vuole rimanere nel passato o meno".

A San Francisco una delle maggiori compagnie di taxi, la Yellow Cab Cooperative, ha sfiorato la bancarotta. Ed è la città dove il modello Uber e Lyft è forse più forte.
"A San Francisco il prezzo delle corse è calato del 70 per cento e questo significa che molte più persone usano il taxi oggi. Sono stati creati posti di lavoro e fornito un servizio alla cittadinanza. La differenza è che in Italia siamo ancora in tempo per gestire questa trasformazione affinché porti beneficio al più alto numero di persone possibile. Cosa conta se la macchina è bianca, gialla o nera? Conta che chi fa questo lavoro possa continuare a farlo e abbia uno stipendio per mantenere la propria famiglia. Sono certo che c'è una strada per risolvere la questione delle licenze comprate a caro prezzo di recente o nel passato dai tassisti italiani. In un mercato in espansione, si possono studiare degli ammortizzatori come è accaduto in Messico e in Australia".

Negli ultimi mesi avete dovuto fronteggiare le accuse di sessismo mosse da una ex dipendente, Susan Fowler. Top manager hanno gettano la spugna e c'è stato lo scandalo Grayball, la versione modificata della vostra app che serviva a proteggere gli autisti ma alla fine veniva usata per depistare gli agenti che indagavano su di voi.
"Quando sono entrato ad Uber, tre anni fa, eravamo in settecento. Oggi siamo in 13 mila. Siamo cresciuti tanto e molto in fretta. Non è facile mantenere il controllo su tutto. Abbiamo fatto dei passi falsi. Quanto successo a Susan Fowler non si ripeterà. Non si tratta solo di identificare i responsabili ma di fare in modo che queste cose non accadano più. Per noi è il momento di riflette e migliorare per diventare un'azienda che produce profitti e che può operare ovunque. Anche in Italia".