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Rugby. Venerdì sera via al mondiale: Francia – All Blacks a Parigi per il debutto che vale una finale

l’Italia insegue il sogno quasi impossibile dei Quarti nel girone A con i Galletti e la Nuova Zelanda. Sabato 9 alle 13 la prima partita contro la Nambia

3 minuti di lettura

Il selfie di Nacho Brex con gli Azzurri sbarcati in Francia e con il cap mondiale in testa

 

Nato per il mondiale di calcio del 1998 lo Stade de France fa le ultime apparizioni al mondiale di rugby al via venerdì 8 settembre a Parigi, poi il disco volante atterrato nella banlieu di Saint Denis subirà il lungo restauro per i prossimi giochi Olimpici (niente 6 Nazioni nel’24). Ha ospitato due finali mondiali, calcio (1998) e rugby (2007) e con i Cinque cerchi chiuderà il giro dei primi tre eventi sportivi al mondo.

Via al decimo mondiale nato nel 1987 a cui l’Italia ha sempre partecipato e se qualcuno vi farà notare che vincono sempre le stesse (tre volte All Blacks e Sprinboks, due l’Australia e unica europea l’Inghilterra) e l’Italia che ci va a fare? , inseguendo la mai raggiunta chimera dei Quarti?

Fate un parallelo con calcio: 22 edizioni distese su quasi un secolo con tre nazioni (Brasile 5, Italia e Germania 4) ad avere in bacheca più della metà dei trofei, poi con Argentina (3) e Uruguay (2) il conto è quasi chiuso per uno sport infinitamente più diffuso e ricco della pallaovale. Che dovrebbero fare le altre Nazionali pallonare mai arrivate neppure alla festa iniziale, smettere di giocare? I Bleus che nel rugby hanno perso tre finali, nel calcio han dovuto aspettare quasi il nuovo millennio per il primo acuto.

Il confronto-scontro con il pallone è presente da sempre nel rugby, dato che in origine lo sport era lo stesso poi scisso, battezzato Football Rugby (il calcio che si gioca nella città di Rugby) dal 1823, due secoli giusti fa, e dove la meta non dava punti ma un tentativo (try in inglese, essai in francese) di fare un gol in mezzo all’Acca con un calcio piazzato.

Uscendo dal “Close”, il campo del college dove Lewis Carroll progettò “Alice nel paese delle meraviglie” piombiamo a Parigi dove stasera sera Francia e Nuova Zelanda daranno vita al match inaugurale e più importante del girone A che vede l’Italia terza incomoda, la Namibia e l’Uruguay. Passano le prime due e, per uno sciagurato gioco di gironi, si incrocieranno poi con le prime del girone B (Sudafrica campione in carica, Irlanda solidamente prima nel ranking, e c’è pure la Scozia): in sostanza delle quattro probabili finaliste, due saranno ghigliottinate ai Quarti.

Gli All Blacks risorti quest’anno con un filotto di vittorie sono sembrati “ammaccati” e choccati dalla bastonata della Francia dieci giorni fa nelle Summer Series (sciagurati test conditi da infortuni che si dovevano giocare a giugno e non in agosto): il grande progetto nato con Graham Henry e arrivato a Foster, via Steve Hansen, ha vinto due mondiali di seguito fondendo due generazioni di talenti. Difficile dire se reggano ancora o stiano calando verticalmente.

Di fronte il ct Galthiè raccoglie i migliori talenti cresciuti per per questo obiettivo di rigiocare la coppa in casa. Nel 2007 fu una delusione: i galletti battuti nel match inaugurale dai Pumas che diedero il bis nella finalina per il bronzo. Nella filiera degli Under 20 che nell’ultimo lustro si sono imposti nel trofeo di categoria è emerso il gioiello Dupont, che ha messo in pensione la fila di talenti con la maglia numero 9, la sfortunata apertura Ntamak (rotto nel test con la Scozia) e poi Aldritt e Cros in mischia. Da anni si gioca il primato nel ranking con l’Irlanda.

Chi perde avrà almeno una pressione crescente. La Francia (ha battuto l’Italia di 5 punti al 6 Nazioni) è umorale e aspetterà quasi un mese per affrontare gli Azzurri, per una volta con un calendario di avvicinamento lento alle sfide clou di Lione.

E la Giovine Italia è pronta per fare bella figura in questo mondiale dopo aver infilato in poco più di un anno le vittorie di prima fascia contro Galles, Australia, Samoa e Giappone? E il tonfo di Batumi?

Il gruppo di Crowley

Gli Azzurri sono arrivati al quartiere generale di Bourgoin (città rugbisticamente blasonata, con un club nato nel 1906) cantando in coro “L’italiano” di Cutugno, solisti Allan e Capuozzo, quest’ultimo sempre più in versione scugnizzo napoletano. Il gioco impostato dallo staff di Crowley (in partenza comunque vada, sarà sostituito dall’argentino Quesada a novembre) piace ai tifosi, alla critica e soprattutto ai ragazzi in campo vista l’efficacia dimostrata. Ma i contrattacchi verticali e le multifasi di passaggi a gran ritmo, diventano armi un po’ spuntate quando gli “utilizzatori finali” non sono Ange Capuozzo e Monty Ioane. Due metamen al fosforo che elettrizzano gli ultimi metri per la meta, o fanno assist micidiali ai compagni: negli occhi lo smarcamento del ragazzo di Grenoble per Brex e Ioane contro il Giappone a Treviso, per non ribadire dello sprint da 60 metri con assist a Padovani nel trionfo di Cardiff.

E davanti? Siamo un misto di tigna toscana (i fratelli Cannone) e di muro in prima linea. In terza le gerarchie vanno oltre i tre posti, perché Zuliani nel ruolo di chi subentra (impact player) scava e vince palloni in trincea con efficacia esplosiva.

Lamaro è il nostro capitano di energia, quello arrembante in attacco e sigillante in difesa nei placcaggi. Diciamo quello pure dei “calci in culo” quando la truppa sbanda. Altro leader Ruzza, sul versante tecnico, sui meccanismi della touche di cui ha le chiavi. Paolo Garbisi e Allan due registi (e due gran piedi) per ogni fase del gioco.

Namibia e Uruguay

Intanto però si debutta sabato a Saint Etienne contro la Namibia, squadra che in stagione ha battuto di poco Cile e Canada e perso con la Spagna. Con loro serve uscire con il bonus. Più ostico l’Uruguay: i Teros si esaltano al Mondiale anche se negli ultimi match non hanno impensierito né Tonga e né Georgia. Nel 2021 persero 17-10 con l’Italia, ma la settimana prima l’Italia A a Padova li surclassò.

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