Quando Riva “puniva” Bubacco

Cagliari, cioè Gigi Riva. Per almeno un paio di generazioni a città sarda e il calciatore sono stati, e sono tuttora, sinonimi. La sua maglia numero 11 è nell’immaginario di tutti. Era il Cagliari che giocava allo Stadio Amsicora, (quasi uno scioglilingua), allenato da Manlio Scopigno soprannominato il filosofo, e dove giocavano calciatori dai nomi strani, tipo Martiradonna e Ricciotti Greatti. Ma c’erano anche un paio di altri campioni, oltre a Gigi Riva, come Nené e Boninsegna. Magari non ancora proprio dei campioni il 6 novembre 1966 (lo sarebbero diventati sul serio nel 1970, vincendo lo scudetto) quando giocarono contro il Venezia. Quattro a zero, doppietta di Gigi Riva (e chi se no), poi Boninsegna e Greatti. Era il Venezia di Bubacco, Bertogna e Ferruccio Mazzola.
Per quel paio di generazioni Gigi Riva è ancora sinonimo di Cagliari, anche se ieri sera il Venezia ha giocato nel modernissimo Sardegna Arena, il giocatore bandiera dei rossoblu si chiama Joâo Pedro e il Venezia è quello di Aramu e Mäenpää. Il tempo passa, tutto cambia, ma poi per fortuna il pallone rotola sul campo allo stesso modo anche fra il Cagliari e il Venezia di oggi, unico derby delle isole in Serie A, il derby dell’acqua.
Inutile cercare le maglie numero 11 di oggi, quella del Cagliari è stata ritirata nel 2005 in onore proprio di Gigi Riva e l’11 del Venezia, Arnór Sigurdsson, è infortunato da tempo. Il più simile, piccolo sforzo, è il 17 di Dennis Johnsen, che anche stavolta, come in tutte le partite giocate finora, ha sfiorato il gol, un palo, un tiro di poco fuori. C’è un bel libro del premio Nobel Peter Handke che si intitola La paura del portiere prima del calcio di rigore. Certo, il giovane “speedy” (è velocissimo) Johnsen diventerà un grande giocatore, è già il migliore del Venezia in questa prima parte del campionato, però la sua inconcludenza sta diventando proverbiale, quasi prevedibile ormai, lo vedi scattare, lasciare per strada avversari, arrivare con classe e agio davanti al portiere avversario e tu già saprai come andrà a finire: palo, portiere, fuori. Poi alla fine, ma proprio alla fine, ci ha pensato il ragazzino, Gianluca Busio, classe 2002. Tiro di destro e quel pallone che carambola su un braccio di Caceres (e sarebbe stato rigore), si impenna, sembra vada fuori su in curva, invece sbatte sotto la traversa, rimbalza poco oltre la linea, si insacca. Un altro punto, conquistato dal Venezia con grinta e caparbietà. La stessa che ha sempre messo in campo Gigi Riva. —
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