«Venezia, un’idea chiara di gioco per la salvezza»
L’ex capitano Pavan, 198 gare in arancioneroverde la vede così: «Zanetti ha un gruppo storico che si aiuta»
Michele Contessa
VENEZIA
«Mai mollare, nemmeno nei momenti più complicati». Simone Pavan spinge il Venezia verso la salvezza, Venezia ritornato alla vittoria in Serie A a Empoli, tappa felice della carriera dell’ex difensore arancioneroverde. «Eccome se mi ricordo quella partita, rientravo da una lunga squalifica e Prandelli non esitò a schierarmi titolare con Conteh al centro della difesa. Ero già felicissimo per il ritorno in squadra, il destinò mi fece un altro bel regalo perché segnai anche il gol del secondo vantaggio alla fine del primo tempo”. Quel giorno (21 gennaio 2001) il Venezia espugnò (3-2, prima rete di Valtolina, poi Marasco match-winner) il Castellani come sabato.
«Ho solo ricordi positivi di Empoli, due anni prima avevamo conquistato un punto pesantissimo, a due giornate dalla fine, che ci spianò la strada verso la salvezza che conquistammo la settimana successiva battendo l’Inter di Ronaldo e Baggio a Sant’Elena».
Grazie alla doppietta in rimonta da 0-2 di Alvaro Recoba, il secondo al 5’ di recupero. Quasi duecento partite ufficiali con il Venezia (189 e 3 reti), quasi duecento gare (198) in A, sette stagioni al Venezia, dal 1995 al 2002.
«Arrivai ventunenne dall’Atalanta, la maglia arancioneroverde è diventata la mia seconda pelle, ma sono sempre stato legato alla mia terra. Sette anni stupendi nel bene e nel male, ma sono stati sicuramente di più i momenti esaltanti, come le due promozioni in Serie A e la salvezza con Novellino».
Quali sono i segreti per la salvezza?
«Avere un’idea di gioco chiara, e Zanetti ha sempre dimostrato di averla, avere un gruppo solido, fuori e dentro spogliatoio e campo, aiutarsi vicendevolmente. Credo che i giocatori che hanno conquistato la promozione saranno fondamentali. Rispetto al nostro primo anno di A, questo Venezia ha tanti stranieri, noi molti meno e un fuoriclasse. Lo abbiamo coccolato, fatto sentire importante, il “Chino” Recoba era di una professionalità disarmante, poi in partita dovevi lasciarlo libero. La seconda retrocessione arrivò perché c’era troppa confusione, non ho la controprova, ma senza l’esonero affrettato di Prandelli, avremmo lottato fino alla fine».
Altro elemento fondamentale?
«La venezianità del Venezia, Poggi e Collauto saranno determinanti nel far capire lo spirito veneziano anche agli stranieri».
Come mai Pavan non andò a Palermo?
«Nell’ultimo anno i rapporti con Zamparini si erano un po’ deteriorati. Al termine del campionato culminato con la retrocessione, feci la promessa ai tifosi che non sarei mai andato via. Ricordo quel giorno a Pergine quando il presidente venne e ci divise in due gruppi: chi voleva lo seguisse a Palermo, e il sottoscritto non c’era, e chi no. Il sarei rimasto anche in B, il legame con Venezia e il Venezia era fortissimo, quasi indissolubile. Purtroppo quel Venezia non era in grado di sostenere gli ingaggi che avevamo, alla fine anche io dovetti lasciare Venezia e accettai la proposta del Modena in A».
Stagione senza panchina?
«Sì, ho deciso di stare vicino a mio figlio Leonardo, cinque anni e mezzo come la gemella Valentina, al quale è stata diagnosticata una grave malattia. Per questo siamo ritornati a Genova, combatteremo e lotteremo tutti insieme, come ho sempre fatto in campo». E Venezia sarà al fianco dell’ex capitano in questa battaglia. —
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