«Assurdo guardare la partita dalla tv dovevamo esserci»
Unanimi i tifosi arancioneroverdi di centro storico e Mestre «Dietro alla squadra c’è un bel progetto, vogliamo la festa»
Laura Berlinghieri
VENEZIA
La beffa per i 90 minuti da osservare nel rettangolo della televisione brucia, ma è seconda all’entusiasmo di una città, che da giorni vive un sogno. «È una vita che aspetto questo momento», dice Alvise Pigozzo, dietro il bancone di El biavarol, a Santa Marta. Un alimentare i cui orari dipendono dal calendario della squadra. Lo spiega il cartello sul vetro: «No ghe xe ostreghe né canestrei, zioba se sera ae 15». La partita la seguirà con gli amici della curva, «perché siamo una famiglia e, quando vince il Venezia, vince la città». Tra loro ci sarà Enrico, 30 anni, di Mestre: «È una sorpresa lottare per la A, questa squadra era stata costruita per salvarsi. Domani appuntamento alle 18.45 ai Giardini, per poi andare allo stadio» dice, rivolgendosi agli “unionisti”. Perché il tifo del Venezia - sintesi di due città e tre colori - ha tante anime. «Si sono alternati Zamparini, Dal Cin, Marinese, Poletti, Pizzigati, Korablin, gli americani. È sempre mancata un’identità forte, perché questa squadra rappresenta due città», analizza Massimiliano Pizzini, farmacista. Una passione per il Venezia, la sua, che unisce terraferma e centro storico. «Erano gli anni del Liceo. Partivamo da piazza Barche in 4-5 ragazzi e, con le sciarpe al collo, arrivavamo a piazzale Roma, per poi farcela a piedi fino allo stadio. Avevamo l’abbonamento per la curva perché costava meno».
E le domeniche allo stadio le ricorda bene anche Giovanni Vianello, 24enne veneziano, studente di Economia. «Purtroppo la mia generazione non tifa Venezia. In 20 anni, la squadra è fallita tre volte, e questo non ha aiutato a creare un legame forte tra i residenti e la città. Spero che da giovedì questo posso cambiare». Del resto, il sogno della A emoziona un po’ tutti. Anche chi, con lo sport, non ha mai avuto un bel rapporto. «Prima de tuto, no so sportivo». Skardy, voce e anima dei Pitura freska, mette subito le cose in chiaro. «Ma se il Venezia vince, mi fa solo piacere, perché avere una squadra in A sarebbe veramente una bella roba. Ma sarà dura, perché ho visto un Cittadella agguerrito. Non so se guarderò la partita in tv, perché vedere uno stadio senza pubblico “me fa freddo”, è come vedere un’orchestra senza la gente».
Chi sicuramente guarderà la partita è Franco Vianello Moro: veneziano doc, tifoso storico del Venezia e membro del club Alta marea. «Andremo a mangiare una frittura di pesce nella trattoria Al diporto, di fronte allo stadio, e accoglieremo i giocatori. Guarderemo la partita in via Garibaldi, sperando che qualche bar metta le tv all’esterno. Pronostici non ne faccio, perché porta male. Ma giocarsi una partita così importante, senza tifosi allo stadio, è assurdo». L'appuntamento è solo rimandato. «Spero che il Venezia vada in A, perché mi piacerebbe portare mio figlio Massimo, di 11 anni, al Penzo», dice Mirco Bodi. Di Cavallino, è tifosissimo del Venezia, tanto da aver creato un fan club. «Ero abbonato, andavo a vedere le partite con mio padre». La grande incognita per il futuro è proprio lo stadio. «Lo stadio nuovo non lo faranno mai, sono troppi anni che se ne parla. Spero almeno che metteranno a posto il Penzo, che ha una sua dignità», dice l’attore veneziano Alessandro Bressanello. Tifosissimo dei leoni, ha guardato l’andata a Varsavia: «Ma domani me la godrò da Venezia».
Ed è scettico sulla costruzione del nuovo stadio anche Filippo Foschini, titolare del Verde bistro, in calle de le rasse. «Ero abbonato al Venezia nel ’98-’99. Era la squadra di Recoba, l’anno della salvezza storica. Sarebbe bella la promozione in A, con partite a Venezia. A Padova o Udine non sarebbe lo stesso». Il timore è questo: tanto entusiasmo, ma nessun progetto dopo. «Speriamo che l’eventuale promozione porti stabilità alla dirigenza. Non è bello iniziare ogni anno senza sapere dove andremo a finire. Costruire il nuovo stadio sarebbe l’unica maniera per uscire dall’idea di provincia e portare nuovi tifosi», sostiene Jacopo Verignan, bibliotecario mestrino. Speranze di fronte alle quali, ora, i tifosi guardano con un certo ottimismo. «Mi sembra che dietro la squadra ci sia un bel progetto ampio, a lungo termine, che farà bene alla città» dice Angelo Zamprotta, titolare del Santo bevitore, a Cannaregio. E il tifo arriva fino a Sant’Erasmo, nelle parole di Carlo Galiazzo: «Sono stato arbitro tanti anni, anche a livelli discreti. Dispiace vedere la squadra dalla tv». —
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