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«Chi ama la racchetta è tornato in campo E intanto io sogno un altro Venice Open»

Fabio Sapori, presidente del Green Garden Village di Mestre fa il punto sulla ripresa dell’attività sportiva, tra paura e voglia di ripartire

Simone Bianchi
3 minuti di lettura

l’intervista



Ha quarant’anni di esperienza nel mondo del tennis, presiede il Green Garden Village, uno dei circoli più importanti del Veneto, ed è pronto a organizzare nuovamente un grande torneo internazionale a Mestre. Fabio Sapori è uno che dà del “tu” a personaggi come Stan Smith e Roger Federer, che ha lavorato nell’organizzazione di tornei a Milano, Roma, Bologna, San Marino e ha aggiunto undici edizioni dell’ormai storico Venice Open, più la Coppa Davis. Il Covid-19 ha cambiato le abitudini anche per gli amanti della racchetta, ma la situazione si sta normalizzando con il passare delle settimane.

Come sta superando la pandemia il tennis?

«La disciplina, in questo momento, è percepita molto bene, venendo giocata all’aperto e con una certa distanza. Dagli appassionati è vista come un toccasana, e molti di quelli che si erano allontanati negli anni scorsi, stanno ritornando proprio per questo motivo. Siamo stati tutti chiusi per tre mesi, in piena primavera. C’è una ripresa, ma è presto per bilanci».

In quanto stima la perdita sul 2020 per i circoli?

«Mi aspetto tra il 60 e il 70 per cento, perché siamo rimasti completante fermi da marzo a maggio. E ora bisognerà capire l’impatto della pandemia sul sistema».

La Fit che supporto sta dando?

«A livello centrale e di comitato regionale veneto si stanno dando da fare per organizzare al meglio i campionati a squadre di vario livello, e ricominciare un po’ alla volta a fare tornei. È chiaro che, fino alla riapertura delle scuole il 14 settembre, non sapremo come si potrà gestire il tennis per i settori giovanili e accademie dei circoli, perché non sappiamo come la scuola sarà organizzata. Speriamo che il Covid non si faccia rivedere e che torni la normalità, così come auspico che i ministeri dell’Istruzione e dello Sport si parlino per trovare soluzioni adeguate».

Qual è il problema?

«I circoli hanno bisogno di una ristrutturazione generale del doposcuola, soprattutto per elementari e medie. Non è possibile che i ragazzi arrivino da noi dopo le 17. Vanno rivisti i protocolli per dare un ruolo più importante allo sport».

Sono stati fatti errori durante i mesi di lockdown?

«Il blocco totale anche del calcio la dice lunga su come la pandemia abbia preso di sorpresa tutti il primo mese. Poi, però, bisognava capire come fare per gestire meglio la situazione. E si poteva fare decisamente meglio per lo sport».

Percepite ancora paura tra la gente?

«Si, però vediamo che tutti sono anche molto disciplinati nel frequentare il circolo tra mascherine, disinfettanti e distanze».

Rimane ottimista sulla situazione?

«Di carattere lo sono abbastanza, altrimenti non avrei costruito il Green Garden Village, ma per la cultura manageriale che ho, non la vedo bene. Tra ottobre e novembre i nodi al pettine arriveranno per tutti, Stato compreso».

Sui campi la situazione si è un po’ normalizzata?

«Siamo tornati anche a giocare i doppi, ed è un passo positivo».

L’Atp che organizza il circuito internazionale dei tornei, come sta reagendo?

«Con l’avvento di Andrea Gaudenzi alla presidenza e del direttore generale Massimo Calvelli, spero che si rivedano le scelte degli ultimi due anni, con un calendario 2021 che tenga conto dell’attività dei giocatori non di vertice. I Challenger portati a 48 giocatori e in sette giorni, hanno creato grandi problemi al circuito. In caso contrario l’attività agonistica di minor livello decadrà del tutto. Poi vanno rivisti i costi organizzativi e servono più aiuti dalle federazioni e dall’Atp stessa. Un calendario con meno tornei ma di maggiore qualità, così come deve tornare la Coppa Davis nel suo format originale, quella nuova è stato un colossale buco nell’acqua».

C’è sempre il sogno di rifare il Venice Open?

«Sì, e anche il Comune di Venezia sta spingendo in questa direzione. Senza dubbio gli 11 Venice Open e la Coppa Davis da me organizzati al Green Garden sono rimasti nel cuore e con la struttura attuale si potrebbe fare ancora meglio. Costerebbe almeno un milione di euro, e a quel punto dovremmo avere la garanzia di vedere in campo i migliori italiani da Fognini, Berrettini e Sinner, e stranieri forti. L’Atp dovrebbe far sentire il suo peso».

Come mai attualmente solo il mestrino Matteo Viola, tra i veneti, gioca ai massimi livelli internazionali?

«Paghiamo il campanilismo eccessivo tra i circoli. Nel 1988 fui il primo a creare un’accademia privata in Italia, e in pochi mesi si videro i risultati. Ma dava fastidio a qualcuno».

Ma non mollate. .

«Assolutamente, per quello il nostro staff tecnico conta su Camporese, ex numero 18 del mondo, e sul tecnico nazionale Arena. Purtroppo in Veneto si sparpagliano le risorse umane, mentre i tennisti si alzano di livello giocando tra loro».

Chi l’ha maggiormente impressionato negli ultimi decenni?

«In ordine temporale Panatta, Lendl, Becker, Sampras e Federer».

Come sarà il tennis senza Federer quando dirà basta?

«Ci sarà un passaggio di testimone, come in passato. Di sicuro gente come Federer e Nadal lascia il segno. Ci sarà un motivo se, con loro in campo, le tribune sono sempre piene». —

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