Mitia Dotta, un vittoriese nella MotoGp «Così ho lasciato i rally per la Suzuki»
Niccolò BudoiaIL PERSONAGGIO
Diventare un rallista affermato e conosciuto in mezzo mondo e decidere di cambiare vita, trasformandola in una tanto intensa che ti porta quasi a dimenticare lo sport che ti ha fatto diventare due volte campione europeo e una volta campione italiano. È questa la storia di Mitia Dotta, vittoriese di 39 anni che oggi segue il reparto Logistica della Suzuki Ecstar nella MotoGP. Il vittoriese ha iniziato a lavorare per la Casa giapponese nel 2015, dopo una vita passata a dettare le note nel rally.
Insieme a Giandomenico Basso ha vinto di tutto in Italia e in Europa con la Fiat Punto S1600 e la Fiat Abarth Grande Punto S2000, facendo impazzire i tifosi e trasformando la coppia “Basso-Dotta” in una delle più famose nel panorama europeo. Poi la svolta, le ruote che passano da quattro a due e un impegno che lo fa passare dalla ribalta del palcoscenico allo studio della regia.
Dotta, cosa le ha fatto decidere di appendere matita, interfono e quaderno delle note al chiodo per buttarsi nella MotoGP?
«Quello di Suzuki è stato un treno arrivato per caso e su cui ho deciso subito di salire. Avevo bisogno di avere delle prospettive certe per il mio futuro e volevo imparare a fare anche qualcos’altro oltre a navigare nei rally. Suzuki in quel momento era un team che partiva da zero e mi ha contattato».
Eppure nel 2014, la sua ultima piena stagione rallistica, aveva corso tutto il Mondiale con Lorenzo Bertelli arrivando terzo nel Wrc2, la più importante serie cadetta del circus...
«Non è stato semplice lasciare il rally. Nella mia carriera ho sempre avuto risultati ottimi e ho corso con piloti validissimi, fra i quali, certo, Lorenzo Bertelli e Giandomenico Basso. Però la disciplina non ti dà di che vivere, a meno che tu non corra in pianta stabile nel Mondiale».
Ora cosa fa in Suzuki?
«Mi occupo degli spostamenti di tutto il personale durante i weekend di gara e nei giorni di test. Preparo la logistica per tutti, dai cuochi ai meccanici fino ai piloti, mentre un altro collega si occupa di spostare le moto: prenoto gli aerei che portano gli uomini del team da ogni parte del mondo fino all’aeroporto più vicino al circuito, poi riservo le camere d’albergo e noleggio i mezzi necessari agli spostamenti in campo gara».
In quanti siete al box?
«Siamo un gruppo parecchio numeroso. Seguo la loro logistica da quando partono da casa a quando fanno ritorno».
Come vive le settimane di gara?
«Resto insieme a tutto il team all’interno del box. È qualcosa di molto diverso rispetto ai rally, quando l’equipaggio vive a contatto con i meccanici solo nelle assistenze. È sempre molto emozionante».
Aveva la passione delle moto prima di lavorare con Suzuki?
«Quando potevo guardavo le gare della MotoGP, ma non ho mai corso in moto».
Nei suoi anni di attività ha stretto legami con qualche pilota?
«No, generalmente si sta tutti insieme al box. Ho sempre avuto buoni rapporti con i piloti Suzuki».
Questa stagione le Suzuki volano, tanto che Alex Rins ha vinto il GP di Austin, in Texas...
«È stato molto bello. Avevamo fatto delle belle gare prima di quella durante le quali potevamo avere anche più fortuna, ma quella vittoria non ce la aspettavamo. Alex ha fatto una grande gara».
Quali sono le analogie che vede fra il suo attuale lavoro e quello del navigatore nei rally?
«Ce ne sono molte, tanto che sono molti i navigatori che poi hanno una carriera simile alla mia. Anch’io da navigatore, prima di diventare ufficiale Fiat, organizzavo le trasferte alla mia assistenza e al mio pilota. Questa parte del lavoro del copilota era più presenti nei rally di un tempo, ma non è scomparsa nemmeno nelle gare di oggi soprattutto per i navigatori che non sono nel circuito di grandi squadre».
E quale parte del lavoro del copilota è più simile al suo attuale impiego?
«Il navigatore ad esempio è chiamato anche oggi ad organizzare al meglio le ricognizioni del percorso e tutte le fasi della gara. Questo in qualche modo mi ha agevolato nello svolgere il mio lavoro».
E quali sono le principali differenze?
«La prima è forse la più banale. Quand’ero navigatore ero il principale protagonista della gara, mentre oggi lavoro dietro le quinte. Un’altra differenza sta nel fatto che finché correvo potevo vedere molti posti diversi: paesi, gente, panorami mozzafiato. Oggi passo la settimana di gara all’interno del circuito».
È possibile che un giorno possa tornare ai rally?
«Fino a quando lavorerò è impensabile. Corro solo nel Rally di Monza (dal 2011 lo fa con Alessio Salucci, l’”Uccio” grande amico di Valentino Rossi, ndr) perché è molto meno impegnativo di un rally “vero”».
Tornerebbe a fare qualche gara spot?
«Ho sempre preferito correre un campionato intero piuttosto che le gare spot. Vivi la competizione in modo diverso, ponendoti sempre degli obiettivi da raggiungere».
Le mancano i rally?
«Un po’ sì. Mi manca l’adrenalina della gara, ma sono davvero molto impegnato qui con Suzuki e ho poco tempo per pensarci».
Riesce a seguire le gare?
«Guardo le dirette delle gare del Mondiale rally. Ogni volta sento un po’ di nostalgia, ma quando mi butto nei miei impegni con la MotoGp mi passa tutto subito». —
Niccolò Budoia
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