Moreno Pesce, la sfida con la montagna «Il nostro invincibile Team 3 Gambe»
Noalese, ha perso una gamba in un incidente. Con la sua forza per reagire ha fondato un gruppo capace di grandi imprese
Gianluca Galzerano
MESTRE. Lungo le curve a gomito, l’aria fresca sul viso rendeva lo scorrere delle montagne ancora più bello. Gli occhi si riempivano di quello spettacolo, tra i colori vividi ed il profumo forte dei pini, mentre la moto scendeva fluida dalle Dolomiti verso la pianura che attendeva calda in quel tardo pomeriggio d’agosto. Era il 1997, l’anno in cui Moreno Pesce pensava di dover morire, non sapendo ancora che stava invece per nascere la sua seconda volta. «Sento il colpo improvvisamente, fortissimo, secco. Perdo subito il controllo e cado senza rendermi più conto di nulla, sentendo solo il rumore del metallo che si accartoccia e quello delle ossa che si rompono tra la carena e l’asfalto. Non lo sapevo ancora, ma la mia vita di prima finiva esattamente in quell’istante, per una manovra senza senso di una macchina».
Tempra forte, quella di Moreno, che tra rianimazione e sale operatorie lotta, resiste e sopravvive: non così la sua gamba sinistra, amputata per salvare tutto il resto. «Inizialmente, tra alti e bassi, la prendo abbastanza bene, mi dico e dico agli altri che tutto sommato mi manca un pezzo che posso tranquillamente sostituire, mantenendo alto il morale». Poi però arriva dicembre, il primo compleanno dopo l’incidente, e quella mattina, in un colpo solo, tutti i pensieri neri tenuti a bada esplodono nella testa mettendolo crudamente di fronte alla nuova realtà. «Per la prima volta mi sono visto e sentito diverso, ho dovuto ammettere con me stesso di essere diventato un disabile, per sempre, una verità durissima da accettare». Segue un periodo aspro, che nella condivisione con altri nella stessa condizione trova però un senso ed una spinta verso il futuro. «Quattro mesi di riabilitazione a Bologna, un periodo della mia vita dal lato umano irripetibile, di cui conservo un ricordo felice malgrado tutto».
Una volta fuori, nella vita di tutti i giorni, ripartire sembra difficile, ma la montagna, che indirettamente aveva tolto, decide un giorno di restituire. «Dopo un sacco di tempo, una piccola vacanza in Val di Fassa, assieme alla mia attuale compagna Antonella, ad un caro amico e alle inseparabili stampelle… Il richiamo è stato invincibile, così ho deciso di provarci, di rivivere la sensazione della salita, e aiutandomi con le stampelle mi butto, sentendomi di nuovo me stesso. Da quella passeggiata al mondo delle sfide estreme il passaggio è stato quasi automatico, ed il nuovo Moreno ha fatto definitivamente pace con il vecchio».
Parte così una traiettoria personale puntata immancabilmente verso l’alto, senza più un limite vero. «Grazie al lavoro di riabilitazione alla Fisiosport Terraglio di Mestre, una specie di seconda famiglia che tuttora frequento regolarmente e dove ho la fortuna di incontrare lo stesso preparatore di Bebe Vio, Claudio Pavanello, mi predispongo fisicamente per affrontare imprese ritenute impossibili nelle mie condizioni, nel Vertical e nel Trail (specialità estreme di gare in salita, ndr)». Un successo dietro l'altro, alzando sempre più l’asticella, poi nel 2017 l'idea di formare una vera e propria squadra, il Team 3 Gambe: «Tre amputati, tre gambe in tutto, il nome non poteva che essere quello! Insieme stiamo da allora scalando mezza Europa, portandoci dietro il nostro messaggio, che la montagna è per tutti, e che non esistono limiti precostituiti. Da tre che eravamo, ora siamo quasi in venti, con richieste in aumento, ma il nome ci piace troppo e non lo cambiamo più». —
I commenti dei lettori