Pellizotti sale sull’ammiraglia per guidare lo “squalo” Nibali
la sceltaTREVISO. L’ha visto “nascere” al ciclismo, se lo è ritrovato capitano e gli fa compagnia in gara e nelle camere doppie in albergo. E presto potrebbe essere il suo direttore sportivo. Il...
T.F.
la scelta
TREVISO. L’ha visto “nascere” al ciclismo, se lo è ritrovato capitano e gli fa compagnia in gara e nelle camere doppie in albergo. E presto potrebbe essere il suo direttore sportivo. Il rapporto di Franco Pellizotti con Enzino Nibali è una storia speciale. Già, perché quando il siciliano della Bahrein iniziava a farsi amare dal pubblico, Franco scontava le storture delle sentenze antidoping. In un’intervista a Tuttobiciweb il corridore originario di Bibione ammette che il prossimo anno tra lui e Nibali cambierà tutto. Uno in ammiraglia, uno in bici.
«Ho visto crescere Enzo, come persona non è cambiato», spiega Pellizotti (40 anni), «dai tempi della Liquigas, quando è arrivato dalla Fassa Bortolo di Giancarlo Ferretti, Vincenzo è diventato però più scrupoloso su tutti gli aspetti della preparazione e dell’alimentazione. Prima era molto più naif. Magari, da giovane, il programma diceva di fare 10 ripetute e lui si fermava a 4. Ma andava forte lo stesso, perché quando si ha talento... E non si è consumato: è stata la sua fortuna. Ecco perché a 33 anni Vincenzo è chiaramente maturo, ma non logoro. Il suo passaggio al professionismo è stato graduale, paziente, mai esasperato».
Franco Pellizotti ha fatto il contrario: negli anni della squalifica si è risparmiato e ora eccolo lì, il più vecchio del Tour e mai a rimorchio. E parla così del futuro ruolo: «Non ho ancora deciso, ma è chiaro che alla mia età non è facile andare avanti con l’agonismo. Mi sento bene, vorrei condurre Vincenzo sulle strade del Tour come merita e poi chiudere una porta per aprirne un’altra. Ne ho già parlato con il team, abbiamo già definito e adesso tocca a me, però prima voglio chiudere bene la Grande Boucle». Diciotto stagioni da professionista, solo quattro maglie sul suo petto. Quelle della Alessio (2001-2004), della Liquigas (2005-2010), della Androni (2012-2016) e della Bahrein Merida (2017-2018).
«Tutte maglie importanti che mi hanno permesso di svolgere il lavoro più bello del mondo, anche se la maglia più bella di tutte è resta quella tricolore, con l’Androni, subito dopo il rientro». —
T.F..
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