Walter, il più amato dai veneziani
Cori dalla curva, tribuna in piedi: a distanza di vent’anni il Penzo rivive un sogno

VENEZIA. Vent’anni dopo. Novellino alè, Novellino alè. La Curva Sud non dimentica e intona il coro, la tribuna si alza in piedi ed è standing ovation anticipata. Walter Novellino può essere avversario per 90’ più recupero, ma mai fuori dal cuore del popolo di Sant’Elena. Stessa grinta, l’andatura un po’ più ciondolante, gli anni passano per tutti, mica solo per noi. Novellino è un duro, non è uomo che si commuove, ma l’accoglienza sul prato verde del Penzo lo prende in contropiede e gli occhi di ghiaccio, profondo celeste, brillano. La processione dei saluti era iniziata già a San Giuliano, prima di imbarcarsi sul battello direzione stadio. La gente lo chiama, di là del reticolato, mentre le squadre sfilano al centro c’è tempo anche per un paio di selfie. Vent’anni fa non esistevano. Tante cose cambiano, cambiano anche le panchine, e per uno scherzo del destino lui si ritrova proprio sulla “sua” panchina, quella più vicina al sottopassaggio. «Novellino uno di noi” arriva dalla Curva Sud, dove tanti se lo ricordano ma tanti altri vent’anni fa il calcio lo sentivano raccontare dai fratelli più grandi.
Walter Novellino è l’allenatore più amato nella storia moderna del Venezia. Ha fatto due imprese, la promozione in Serie A e poi, ancor più grande, la salvezza del primo anno. Proprio vent’anni fa, di questi giorni, la rimonta era cominciata: la svolta del 3-2 con l’Empoli, ancora in gennaio, ma sì, anche il 2-1 di Tuta al Bari, il risveglio di Maniero, e poi il “Chino”. Walter sapeva che Alvaro Recoba avrebbe trascinato tutti alla salvezza, ma durante la partita non erano carezze. Anzi, quel pugno stretto, stretto come i denti, quando il “Chino” non rientrava per inseguire l’avversario. “Il mister” era amato quasi da tutti, il “quasi” serve perché Fabiano Ballarin no, non si sarebbe buttato sul fuoco per lui. La spina dorsale della squadra era arrivata assieme al tecnico, il tempo di fare la Romea e venire da Ravenna, con Iachini, Luppi, Schwoch, gli altri si erano aggiunti sin dai primi giorni di ritiro a Moena. Se volete sapere anche come erano i rapporti con i giornalisti, diciamo buoni, anche a taccuini chiusi, mai un’intervista negata, ma se in trasferta capitava di prenotare nello stesso albergo, si capiva che il gradimento era rasoterra.
Il resto è attualità: la partita scorre, Walter sempre in piedi, urla. Ce l’ha con l’arbitro per una punizione non data, succede, ma ce l’ha soprattutto con i suoi, che non tirano in porta. Ed ecco il famoso pugno, destinatario Rizzato, esterno sinistro di centrocampo. Alla terza volta scatta il cambio, fuori Rizzato e dentro Gavazzi, che dà più qualità ai biancoverdi. L’Avellino rimedia tre pere, il mister saluta e ne va incazzatissimo. Adesso tocca ai muri dello spogliatoio tremare.
Carlo Cruccu
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