«Salviamo il nostro rugby prima che sia troppo tardi»
Diego Dominguez nuovo consulente tecnico delle squadre giovanili azzurre l’altra sera in Riviera. «Riscoprire la vera passione, volontariato e genuinità»
di Gianluca Galzerano
MIRA. Ripartire dai club e dai fondamentali tecnici per salvare il rugby italiano da un declino che rischia di diventare irreversibile: in un'atmosfera a tratti surreale per i pesanti momenti carichi di riflessioni silenziose che è stata capace di creare, è questo il messaggio lanciato da Diego Dominguez al rugby italiano nel corso della serata organizzata dal Rugby Riviera MMX del neo-presidente Flavio Lupato su invito del Comitato Regionale Veneto.
L'ex mediano di apertura azzurra, uno dei più grandi fuoriclasse degli ultimi 30 anni, è infatti in questi giorni in giro per il Veneto (dopo la tappa in Riviera del Brenta, ieri a Treviso, venerdì a Belluno) avendo accettato con entusiasmo il ruolo di consulente tecnico delle selezioni giovanili regionali offertogli da Marzio Innocenti questa estate. «Una cosa quasi casuale» ha raccontato il presidente del CRV ai rappresentanti delle società del Veneziano, «davanti ad un aperitivo in centro a Padova si stava chiacchierando della situazione del rugby italiano e veneto in particolare, la proposta è scaturita in maniera del tutto naturale parlando della valorizzazione delle competenze, e con altrettanta naturalezza Diego ha detto sì, lasciandomi dapprima stupito, poi elettrizzato. Il suo sarà un ruolo destrutturato, senza vincoli di tempo o di risultato, ma poter offrire a circa 200 dei nostri ragazzi la supervisione di una figura così carismatica credo sarà un valore aggiunto inestimabile».
Assalito da decine di ragazzini ancora sudati per l'allenamento lasciato a metà, Dominguez si è poi prestato ad un confronto molto articolato, interrotto solo dai complimenti rivolti ai responsabili della club house per l'alto livello del risotto ai funghi e del brasato su letto di polentina morbida. «È proprio da qui che bisogna cominciare a ricostruire, dalla genuinità di club come questi, dalla passione dei vostri bambini, dai volontari che ovunque giro continuo a incontrare». Parole a metà tra il miele ed il fiele, quelle del Diego azzurro, una dichiarazione di amore eterno al suo sport irruvidita da una visione spietatamente lucida su di un futuro torvo e già dietro l'angolo. «Entro tre-quattro anni movimenti come il Giappone, la Georgia, l'Uruguay, rischiamo di non vederli più, perché così com'è ora il sistema del rugby italiano non funziona a nessun livello. È triste, ma è così, eppure una speranza per invertire la rotta c'è ancora». Nessuna scorciatoia, ma una regola aurea sviluppata su due cardini: «Riportare i club al centro del sistema e cambiare radicalmente l'approccio sulla formazione di giovani. Basta pensare che l'unico fuoriclasse italiano uscito dopo la mia generazione è Sergio Parisse, che però rugbysticamente si è costruito in Argentina, per capire quanto si sta rischiando».
Visione lucida ed un continuo interscambio con il mondo ovale, una miscela che rende ancora più cruda la realtà. «Mio figlio ha 19 anni, ha deciso di tentare la carriera professionistica e dopo gli studi in Inghilterra adesso gioca a Auckland, dove vado spesso» continua Dominguez, «in Nuova Zelanda i bambini fanno solo tecnica individuale, per anni, e lo stesso in Australia, in Argentina, in Irlanda, mentre qui si lavora fin da piccoli sul fisico e sui punti d'incontro. È nella formazione il primo tesoro di ogni movimento, partendo dai club fino alla Nazionale. Bisogna rovesciare la piramide così com'è attualmente, con una vera e propria rivoluzione culturale che in Italia solo il Veneto può portare avanti».
Se non una sorta di "Ultimatum alla Terra", poco ci manca: «Sto dicendo che occorre convincerci tutti e molto in fretta, perché non c'è più tempo, e deve essere chiaro che senza un fronte compatto e motivato da una profonda convinzione comune, non si va da nessuna parte». Un messagio forte, quello di Diego Dominguez, che ha riscosso applausi e allo stesso tempo ha lasciato molti spunti di riflessione tra i presenti.
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