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L’inarrestabile Antonio Fantin punta già le Olimpiadi: «La vita è più semplice quando entro in vasca»

Il campione paralimpico reduce dal mondiale di Funchal traccia un bilancio della stagione dalla sua casa, a Bibione

Giovanni Monforte
3 minuti di lettura

BIBIONE. «Ogni difficoltà nasconde, se la sappiamo cogliere, una grande opportunità». Ne ha fatto il motto della sua vita il campione di nuoto paralimpico Antonio Fantin. Bibionese doc, sette volte campione del mondo, vincitore di cinque medaglie alle Paralimpiadi di Tokyo, Fantin è reduce dai Mondiali di Funchal di fine giugno, dove ha conquistato sei medaglie, di cui quattro d’oro.

Finalmente puoi vivere la tua Bibione d’estate.

«In effetti, con i Mondiali a giugno, quest’anno la stagione è finita presto rispetto al solito. È la prima estate, dopo tanti anni, che posso trascorrere più tempo a Bibione e con la mia famiglia. Potersi godere la propria città, il proprio mare, le proprie persone è qualcosa che fa molto piacere, perché so che in ogni gara loro ci sono sempre, per me e con me».

Che bilancio si può tracciare dell’ultima stagione sportiva?

«È stata una stagione particolare. Nonostante i tempi fossero buoni, come le sensazioni, all’inizio mi sembrava mancasse sempre qualcosa per renderla speciale, com’era stata la stagione precedente con i Giochi Paralimpici di Tokyo e l’Europeo. Per buona parte dell’annata ho sofferto quest’aspetto. Poi il Mondiale ha smentito tutto questo. Ho cercato di viverlo senza pressioni. Con la consapevolezza che era un altro Mondiale, il terzo, quello dopo Tokyo. Ma vivendolo con la serenità che aveva contraddistinto il mio primo Mondiale, quello di Città del Messico 2017. Questa stagione mi è servita soprattutto per capire che, liberato dalle pressioni, soprattutto da quelle di Tokyo, tutto è più semplice quando entri vasca».

Infatti sono arrivate sei medaglie, ma soprattutto i magnifici titoli mondiali nei 50, 100 e 400 stile libero.

«Sono molto contento di essere riuscito a coprire tutte le distanze dello stile, di aver vinto i 50, 100 e 400, di aver migliorato il tempo di Tokyo nei 100 e di essermi ripreso l’oro nei 400, che a Tokyo avevo perso. Parlando per motti, la stagione era iniziata all’insegna del “chissà se riuscirò a confermarmi”. È proseguita con “quanto è difficile riconfermarsi”. Ma si è conclusa con “ce l’abbiamo fatta e, anzi, siamo riusciti a migliorare qualcosa”. Vivere serenamente la vigilia e la gara stessa, mi ha fatto riassaporare l’entusiasmo di gareggiare degli inizi. Al di là dei quattro ori, dei due bronzi, del record del mondo, è stata una stagione positiva soprattutto per questa scoperta».

A Funchal hai ritoccato anche il record del mondo nei 100 stile, nuotando in 1’03”65.

«È stato uno dei due obiettivi più voluti di questo Mondiale. Il primo proposito era riprendermi i 400 stile, vincendoli per il terzo Mondiale di fila. L’altro era migliorare quanto fatto a Tokyo in termini cronometrici. Era importante confermare di valere il tempo che avevo nuotato più volte l’anno scorso e cercare di limarlo un po’. Speravo di scendere ancora di più, ma piano piano ci proveremo».

Dicono sia più difficile mantenersi ad alti livelli che arrivarci.

«È molto più difficile confermarsi. Quando devi mantenere certi risultati, hai molte più pressioni. Subentrano una serie di variabili che appesantiscono la tua performance. Dopo Tokyo, in tutta questa stagione ha pesato molto dovermi riconfermare. Ma alla vigilia del Mondiale mi sono detto di vivere ogni gara con la serenità e la consapevolezza di aver lavorato bene anche in questa stagione».

È appena uscito in libreria il tuo libro “Punto. A Capo”. Di solito i campioni scrivono le loro biografie a fine carriera, tu l’hai fatto a vent’anni. Perché?

«Il primo obiettivo è stato ripercorrere il mio percorso dalla malattia da bambino fino alle Paralimpiadi. Dopo Tokyo mi sono accorto quanto fosse stato intenso questo cammino, non solo dal punto di vista sportivo, ma soprattutto umano. Ho voluto ringraziare tutti coloro che mi hanno accompagnato in questo percorso. Dedico questo libro a loro. Ma, più in generale, a tutte le persone che vivono un momento di difficoltà. Ma sognano, da questo momento di difficoltà, di rinascere. Quale momento migliore, dopo il bel risultato di Tokyo, di poter quasi dimostrare, attraverso la mia storia, che una difficoltà nasconderà sicuramente tante altre difficoltà. Ma nasconde soprattutto, se la sappiamo cogliere, una grande opportunità».

Torniamo alla vasca, nel 2023 ci saranno ancora i Mondiali.

«Nella prossima stagione avremo i Mondiali a Manchester a fine luglio. Saranno Mondiali diversi, essendo preolimpici. Parigi 2024 è ormai dietro l’angolo. La prossima sarà una stagione decisiva».

Ti stai già preparando insieme al tuo allenatore Matteo Poli. Com’è il vostro rapporto?

«Lui è di Modena. Mi manda gli allenamenti via email e ci sentiamo quotidianamente per fare il punto della situazione. Poi ogni tanto ci troviamo. È un metodo di lavoro che implica da un lato saper trasmettere fiducia da parte mia a lui, alla società e allo staff, nel portare risultati positivi. Dall’altro sapersi affidare a mani esperte come le sue, non solo dal punto di vista sportivo, ma anche umano e personale».

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