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Pressione alta, attenzione alle crisi ipertensive

Pressione alta, attenzione alle crisi ipertensive
I picchi di pressione aumentano i rischi di infarto o ictus. Fenomeno in crescita, secondo una ricerca americana. E anche da noi indicazioni preoccupanti
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Mal di testa feroce, sensazione di respirare a fatica, aumento delle pulsazioni cardiache che si percepiscono anche nei vasi del collo, a volte vertigini. Il tutto condito da una sensazione d'ansia che non vuole andarsene. Pur se con ovvie differenze da persona a persona, sono questi i segni di un'impennata improvvisa dei valori della pressione arteriosa, che contraddistinguono l'insorgenza di una crisi ipertensiva.

Il ricovero in pronto soccorso

La conclusione di questo percorso, vista la possibile intensità dei problemi, è spesso il ricovero al pronto soccorso. E proprio dal fronte delle cure d'urgenza, giunge un dato che fa riflettere e fa anche a pugni con le campagne informative sui pericoli dell'ipertensione non riconosciuta e di conseguenza trattata. Tra il 2002 e il 2014 sarebbero quasi raddoppiati, negli Usa, i ricoveri per crisi ipertensive. E' un dato che preoccupa, quello che emerge dalla ricerca condotta dagli esperti dell'ospedale Cedars-Sinai pubblicata su Journal of American Heart Association, anche perché nel periodo osservato sono cresciute le opportunità farmacologiche di tenere sotto controllo la pressione arteriosa. Eppure questi fenomeni, capaci di aprire la porta ad eventi gravi come infarto o ictus, crescono, almeno in chiave di necessità di ricovero.

Lo studio

Lo studio, primo autore Joseph E. Ebinger, dello Smidt Heart Institute, propone una questione sicuramente complessa da affrontare, anche se i numeri non mentono. Analizzando le informazioni di una grande banca dati americana, il National Inpatient Sample che riporta il quadro nazionale sui ricoveri, gli studiosi hanno visto che in soli tredici anni si è osservato un raddoppio dei quadri legati ad ipertensione improvvisa e abnormemente elevata.

Il dato delle donne

Se nel 2002 le crisi ipertensive rappresentavano lo 0,17% di tutti i ricoveri per gli uomini nel 2002, si è passati a poco meno dello 0,4% nel 2014. Per le donne, il raddoppio tra le cause di ricovero c'è stato, con un passaggio dallo 0,16% di tutti i ricoveri nel 2002 allo 0,34% nel 2014. A fronte di questi dati sicuramente preoccupanti, che segnalano anche l'importanza di seguire con attenzione le prescrizioni del curante sul fronte di stili di vita e farmaci, rimane una realtà da comprendere. Si dirà: queste informazioni sono legate ad un altro sistema sanitario, in cui anche la disponibilità dei farmaci può essere un problema. Ma in realtà pare proprio che tutto il mondo sia paese, su questo fronte.

"Noi siamo più o meno nella stessa condizione: mediamente secondo la nostra esperienza facciamo circa il 3% di accessi in Pronto Soccorso per "crisi ipertensive" - spiega Claudio Borghi, direttore della Medicina Interna presso il Policlinico Sant'Orsola-Malpighi di Bologna. Sempre parlando in termini generali la percentuale di ricoveri ricalca quella riportata con un incremento legato all'aumento della prevalenza generale di ipertensione, in conseguenza soprattutto di età e alimentazione".

Cefalea e tachicardia

Cefalea, tachicardia o cardiopalmo, senso di ansietà i segnali. A rischiare di più le crisi ipertensive sono i pazienti ipertesi che non assumono la terapia, quelli che fanno professioni stressanti o turni di lavoro giorno-notte, chi ha una storia di malattie cardiovascolari, chi soffre di patologie renali croniche o diabete. Capitolo prevenzione: è possibile fare qualcosa, oltre a non "mandare in vacanza" le cure prescritte? "Questi eventi si possono prevenire assumendo la terapia antipertensiva, dominando l'ansia, mangiando in modo moderato e con poco sale, visto che esiste uno specifico rischio per i soggetti "sodio-sensibili",conclude Borghi".